Epilogo

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"If I was dying on my knees,
You would be the one to rescue me."
Brother, Kodaline

Un anno dopo...

La luce del mattino filtrava dalle grandi vetrate e il brusio sommesso dei lettori mi circondava.

Avevo trasformato un vecchio magazzino in una biblioteca accogliente e serena, con pareti di un caldo color crema e scaffali di legno scuro che si snodavano lungo i lati della stanza.

Avevo esaudito il desiderio della piccola bambina che abitava dentro di me, nei miei ricordi. Ci erano voluti mesi di duro lavoro, ma il risultato era stato pazzesco.

E, soprattutto, non ero più a Manchester, ero tornata a Belfast.

Il profumo della carta e dell'inchiostro permeava l'aria, facendomi sentire a casa.

Un grande bancone di legno, dietro al quale mi trovavo, lucido e ben curato, si trovava all'entrata; mentre altri tavoli erano sparsi nelle altre due sale di lettura.

Avevo deciso di mettere delle luci soffuse per creare un'atmosfera intima, invece un paio di poltrone in un angolo, per rilassarsi meglio.

Le finestre, ampie e adornate da tende leggere, lasciavano entrare la luce naturale, creando un gioco di ombre che si muoveva lentamente durante il giorno.

Da bambina, la biblioteca era il mio rifugio.

Ricordavo ancora che, ogni pomeriggio dopo scuola, entravo in una biblioteca.

Passavo ore tra gli scaffali, cercando storie che potessero trasportarmi lontano. Quando tutto intorno a me sembrava incerto, tra i libri trovavo conforto. Quegli spazi, con il profumo della carta e il silenzio vibrante di parole non dette, erano il mio angolo sicuro.

Oggi, invece, era il mio lavoro.

Ero io che accoglievo le persone, che le guidavo tra le storie che amavano.

Quel giorno, in realtà, eravamo chiusi. Tuttavia, avevo degli scaffali da sistemare e, perciò avevo deciso di sfruttare il weekend per togliermi quell'impegno.

Ovviamente Ryker mi aveva accompagnata. Era da un anno che prendeva ogni occasione per stare con me e ormai abitavano insieme, nella vecchia casa di mia madre.

Sollevai lo sguardo per cercarlo.

Era lì, seduto nell'altra sala, immerso nei suoi appunti di filosofia. Studiava per un esame, come faceva ormai quasi ogni giorno da quando ci eravamo trasferiti qui.

Lo osservai in silenzio per qualche istante, cercando di cogliere la leggera tensione che, anche quando sembrava rilassato, non lo lasciava mai del tutto.

Lo vedevo ogni mattina, quello sguardo che mi rivolgeva appena uscivamo di casa. Come se, anche dopo tutto quel tempo, avesse ancora paura di svegliarsi e scoprire che non ero più lì. Era un terrore che gli sarebbe sempre appartenuto, una paura silenziosa che avevamo imparato a gestire insieme.

Oramai, però, non aveva molto di cui preoccuparsi.

I The Masked erano solo un orribile ricordo, suo padre era morto e, be', a sua madre ci avevo pensato io dopo essermi ripresa.

Ora lui la vedeva solo in tribunale, davanti al giudice e con me accanto, che gli tenevo sempre la mano.

«Andiamo?» mi chiese infine, alzandosi dalla scrivania.

Senza accorgermene, si era fatta ora di pranzo, e fortunatamente avevo anche finito.

Annuii e lo raggiunsi, spegnendo le luci e chiudendo a chiave la biblioteca.

The Love In Your EyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora