24. Fiore che cresce e risplende

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"Offrimi le tue follie, vivimi come se
fossi una delle tue pazzie peggiori."
Eileen Stoker

Il tempo, quel giorno, era meraviglioso.

Il vento tiepido che mi accarezzava le punte dei capelli e i raggi del Sole, caldi e forti, che cercavano di oltrepassare i fitti rami degli alberi per riflettere perfino sull'asfalto.

Strinsi le bretelle del mio zaino e m'incamminai verso casa, felice che fosse terminato un altro giorno scolastico. Domani mi sarei diplomata, sarebbe cominciata ufficialmente l'estate e ancora non avevo nessun'aspettativa per l'autunno seguente.

Quella totale inconsapevolezza faceva creare una morsa all'altezza della bocca del mio stomaco, per cui avrei preferito ignorare quel problema per altri due mesi.

E non era di certo l'unica preoccupazione che mi gironzolava per la testa.

In quel momento non facevo altro che pensare alla festa della sera scorsa. Rimuginai i brevi sprazzi di memoria per tutte le ore a scuola, causando una perdita d'interesse verso le lezioni.

Avrei dovuto accettare qualche drink e ubriacarmi talmente tanto da non ricordarmi più nulla.

Alle volte, dimenticare era la soluzione migliore.

Mi si contorcevano le membra al solo pensiero di quello che mi aveva fatto vedere Abby in quella stanza, e mi veniva da piangere quando riflettevo che a Ryker non era mai importato di me durante quelle ore. Ero tornata a casa con Chloe e Micol, dopo che mi avevano trovata in bagno e in lacrime.

Tuttavia, non distinsi i ciuffi neri di quel ragazzo per il resto della serata ed ero sempre più convinta che dopo quel gioco se ne fosse andato con Abby. O, peggio ancora, fosse andato da Piper.

Accelerai il passo e mi concentrai sul cinguettio degli uccelli, che cantavano dai loro nidi sopra la mia testa.

Appena giunsi nel vialetto di casa mia, una sensazione di sollievo mi travolse e ciò che immaginai subito fu proprio il mio letto morbido e comodo.

Salii le scale del portico già intenzionata a fiondarmi in camera mia e dormire per il resto del pomeriggio per scaricare la tensione che avevo accumulato. Eppure, d'un tratto, le mie orecchie captarono una voce troppo familiare per lasciarla inosservata. Una voce pacata e un po' tremolante, una voce di un uomo anziano.

Il nonno.

Mi affrettai a far girare la chiave nella toppa della porta ed entrai velocemente, pronta a cercarlo per tutto il salotto una volta chiusa.

«Nonno!» Urlai con un sorriso a trentadue denti.

Feci cadere lo zaino all'ingresso e lo lasciai lì per andargli incontro. Mi tuffai nelle sue braccia e respirai a pieni polmoni il suo profumo, che sapeva di sughero e campagna.

Il mio petto si riscaldò con il suo calore corporeo e il mio umore si rallegrò per via della sua presenza.

Lui mi diede due colpetti sulla schiena e rise pronunciando: «Così mi stritoli, bellissima. Anch'io sono lieto di rivederti, ad ogni modo».

A quel punto, mi scostai da lui controvoglia. L'ultima volta che lo vidi era stato ad Aprile, prima di trascorrere le vacanze pasquali. Purtroppo, però, lasciai la sua fattoria di corsa e con terrore per quello che era successo a Ryker.

Non sapevo quando e se l'avrei rivisto, con i nonni si aveva i giorni contati, ma ora era di nuovo con me.

«Perché sei venuto qui?» Gli domandai e mi sedetti insieme a lui quando mi accorsi di mio padre, che ci osservava in silenzio sul divano.

The Love In Your EyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora