3. Il destino

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"Ama, ama follemente,
ama più che puoi e se
ti dicono che è peccato
ama il tuo peccato e
sarai innocente."
W. Shakespeare

La mattina era il periodo della giornata che preferivo, poiché era come se, dopo l'alba, tutto si azzerava e si aveva una seconda possibilità per ricominciare.

Erano stati proprio i primi raggi del Sole a svegliarmi, solleticandomi le palpebre e invogliandomi ad aprire gli occhi.

Ryker, invece, quando l'avevo lasciato in camera, dormiva ancora profondamente e non avevo avuto il coraggio di disturbarlo.

La sua schiena era coperta per metà dal lenzuolo scuro e i segni delle mie unghie che la marcavano ancora si vedevano a malapena. Ma non riuscii a resistere e gli lasciai un bacio flebile sulla scapola nuda.

I pensieri della notte precedente presero subito il sopravvento nella mia testa e mi venne in mente di ringraziarlo con una buona colazione.

Non sapeva che l'avessi sentito parlare, ma, così, la mia coscienza sarebbe stata pulita.

Andai in cucina e misi a posto alcuni piatti che erano rimasti nel lavandino, in attesa di essere lavati, la sera prima, possibilmente segno che almeno Ryker avesse mangiato qualcosa.

Poi, aprii il frigorifero e cercai qualche buon ingrediente per una colazione sostanziosa.

Si doveva sicuramente andare a fare la spesa.

Le uniche cose che presi furono un po' di burro, impasto pronto per i pancake e del latte.

Acciuffai la prima padella piatta che mi capitò sott'occhio e vi passai un po' di burro per prepararla, dopodiché la posai sul fornello e accesi il fuoco, infine realizzai il primo pancake con un mestolo.

Buttai uno sguardo sul bancone in legno massello e mi accorsi che avevo preso tutto tranne i miei cereali preferiti al miele.

Giunsi immediatamente davanti alla mensola in cui si trovavano, sollevai i talloni e tentai di prendere la scatola, ma la sfiorai soltanto con i polpastrelli.

Sospirai e buttai un lamento gutturale, infastidita. Riprovai e nella mia visuale fece capitolino una mano che, con un movimento fluido, si protese verso la confezione di cereali e la sollevò con grazia senza far rumore. Quando mi voltai verso il corvino, me la porse.

«Non dovevi svegliarti!» Esclamai, rendendomi conto che lui era proprio lì, a pochi centimetri da me, e che la sorpresa era andata in fumo.

«Che?» Disse dubbioso lui, piegando un sopracciglio.

Non potevo spiegargli che volevo fargli trovare tutto il cibo pronto per lui.

«Lascia stare...» esalai, intrappolata tra il bancone della cucina e il suo corpo.

«Credo che si stiano per bruciare i pancake» m'avvisò, e i miei occhi furono proiettati all'istante verso i fornelli.

Mi divincolai, posai la scatola dei cereali e girai l'unico pancake che avevo cucinato fino ad ora, un po' abbrustolito da un lato.

Fantastico!

Ero sempre stata una frana in cucina, ora lo sapeva anche Ryker.

Quest'ultimo, proprio sotto il mio naso, si diresse alla macchinetta del caffè con una tazza e vi versò quella bevanda orribile. Si sedette alla penisola e cominciai a fissarlo allibita, perfino lui se ne accorse.

«Quella sarebbe la tua colazione?» Indicai scettica ciò che aveva in mano.

Avevo assaggiato il caffè quando ero bambina e ricordavo ancora quel retrogusto amaro e forte che lasciava sulla lingua, anche se non lo bevevo da quella volta.

The Love In Your EyesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora