2. Qualcuno come me

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Canzone per il capitolo
Find you – Zedd

Ricordavo l'acqua, la caduta, la scossa e poi il buio.

Mi svegliai in un posto diverso da quello di prima, non ero più nel bosco ma in una stanza, sdraiata su un morbido letto. Stavo bene lì, ero comoda e per questo ci rimasi per un bel po', dopo di che però mi alzai per osservarmi con attenzione attorno. La stanza era piccola, un letto, un armadio, una scrivania e...
Allora non sapevo cosa fosse niente di tutto quello, ma un particolare oggetto catturò la mia attenzione: uno specchio.

Inizialmente non capii, ero spaventata, c'era qualcosa lì, qualcosa che si muoveva, qualcosa che mi imitava? Mi mossi a destra, e quella figura fece lo stesso, girai su me stessa, saltai, feci i movimenti più improbabili e quella figura riusciva ad imitarmi alla perfezione, solo dopo mi resi conto che quella che vedevo era la mia immagine riflessa.
Era una figura alta e snella, dalla carnagione chiara, avevo lunghi capelli color miele che mi ricadevano lungo la schiena, e un paio di occhi di un castano luminoso.

Mi vidi per la prima volta. Quella ero io.

Mi guardai con attenzione, scrutai ogni particolare, le mie braccia, le gambe, i piedi e le mani con tutte quelle dita che si muovevano come dicevo io. Dei pezzi di stoffa rovinati color carne mi coprivano il seno ed il bacino. Girai su me stessa più volte, per osservare ogni parte di me, non riuscivo a smettere di guardarmi. Ero come incantata e affascinata.

Poi, notai che in ampie zone della mia pelle vi erano come delle lacerazioni, sì, ferite dalle quali si intravedevano cavi scoperti e parti metalliche che emettevano scintille. Ne avevo una grande nel torace e poi altre minori nella spalla, nella coscia, nel braccio e due tagli netti su uno zigomo.
Avvicinai la mano allo specchio che avevo di fronte, appena questa lo sfiorò, alla minima pressione, esso si ruppe il mille pezzi che caddero ai miei piedi provocando un forte rumore.

In quello stesso momento sentii il cigolio di una porta, che si aprì lentamente. Da lì sbucò qualcuno.

Non sapevo se essere contenta, o nuovamente spaventata quando me la trovai davanti. Era una figura molto simile alla mia, ma non proprio uguale, diversa: una ragazza, più bassa di me, con capelli raccolti scuri e occhi celesti. Indossava una camicetta e una gonna lunga fino a metà gamba.

Restammo lì a fissarci, aveva una strana espressione nel volto. Prima quasi sorpresa, poi si rilassò, tirò un sospiro di sollievo e con un sorriso in faccia esclamò a voce alta <<allora sei viva!>>
A quel suono, mai sentito prima, indietreggiai urtando contro un mobile rischiando di far cadere i numerosi oggettini su di esso poggiati.
"Ma come ha fatto?", pensai, dato che eravamo simili potevo riuscirci anch'io forse.
Mi schiarii la gola, e dalle mie labbra uscì con suono lieve, quasi impercettibile <<...viva?>>

Eravamo entrambe sorprese, io di più.

Mi toccai il collo, ancora sconvolta per quello che era uscito dalle mie labbra.

<<Hai parlato!>>

La guardai non capendo cosa volesse.
Sentivo bene, ma non capivo che significato avessero quelle parole.

Lei continuava, sempre sorridendo, <<Avevo visto qualcosa in fondo al fiume, e sono rimasta stupefatta nello scoprire che eri tu! Beh ho fatto un pò di fatica a tirarti fuori da sola, anche se sei magra pesi parecchio>>poi si fece seria <<Ho visto solo dopo quelle strane... ferite, non ne ho mai viste prima così, anche se ero un pò titubante non potevo di certo lasciarti là, così ti ho portata a casa mia, spero non ti dispiaccia. Sei la benvenuta! Non farti problemi.>> concluse sorridendo, dondolava a piedi uniti sull'uscio della porta.

Solo dopo svariato tempo lei riuscì a capire che non comprendevo nemmeno una parola di quello che diceva, nonostante questo continuavo a guardarla attentamente, sembrava una brava persona, l'ho capito fin da subito, inoltre lì mi sentivo al sicuro, la sensazione di paura andò ad affievolirsi, quella ragazza mi trasmetteva delle buone sensazioni, sentivo di potermi fidare, e non mi saltò nemmeno una volta in mente l'idea di scappare, come era successo prima in quella specie di laboratorio.

<<Bene, tu adesso vieni con me.>>
Detto ciò, con un espressione serena e determinata si avvicinò cautamente a me, quando fu sufficientemente vicino, mi prese la mano.
Al contatto la ritrassi di scatto, ma la sua era ancora lì, aspettava solo la mia.

Fidarmi di quella donna mi venne quasi naturale, anche se allora non capivo. Dal momento in cui riposi la mia mano sulla sua scoprii cosa significasse avere una famiglia.



Con un cuore d'acciaioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora