59. Io contro il mondo

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Canzone per il capitolo

I knew you were trouble - Taylor Swift

Mi concentrai sulla superficie di legno della porta d'ingresso e riuscii a vedere oltre, una decina di uomini bussavano freneticamente, dando spallate e calci alla mia porta, indossavano tutti gli stessi abiti, strane tute protettive bianche, riuscivo a vedere anche che ognuno di loro teneva ben custodita un'arma, alcuni ne avevano più di una.

Cosa volevano?

Chi erano?

E perchè cercavano di entrare a casa mia?

-Hanna Reyes!?- Tuonò uno di loro, e in risposta, indietreggiai di colpo dalla mia posizione, quella voce dura e spazientita conosceva il mio nome, eppure io non avevo mai visto nessuno di loro.

Dopo alcuni momenti angoscianti di silenzio riprese a parlare -Sappiamo che è lì dentro, ci faccia entrare le assicuro che non le succederà niente.-

Sapevo benissimo che se li avessi fatti entrare non si sarebbero puliti gli scarponi nello zerbino per poi accomodarsi educatamente e farsi offrire latte e biscotti, non sarebbero entrati qua, non glielo avrei permesso.

-Signorina Reyes ci apra immediatamente.-

No!

-E vabbene...- il tono calmo di quell'uomo suscitò la mia curiosità, così ripresi a guardare oltre la porta, sempre lui, scambiava occhiate di complicità ai suoi compagni, uno di loro uscì da un borsone un piccolo apparecchio a me sconosciuto.

-Se entro un minuto non ci apre lei personalmente , entreremo con la forza, ora su non si faccia pregare.-

Guardavo preoccupata le mani attente di quegli uomini che attaccavano con cura quello strano aggeggio in corrispondenza della serratura. Uno di loro dopo aver trovato il consenso dell'uomo che parlava sempre, premette un pulsante e contemporaneamente tutti si allontanarono da lì velocemente sparendo dal pianerottolo.

La parte più ottimista di me cercò di convincersi che se n'erano andati perchè avevano rinunciato ad entrare lasciandomi definitivamente in pace, l'altra, quella che invece risultava avere sempre ragione fiutò il pericolo, da quella cosa attaccata alla mia porta si udiva un ticchettio che andava progressivamente a velocizzarsi, non si prospettava niente di buono da quel suono.

"Entreremo con la forza" "Un minuto"

-Cavolo!!- Il mio cervello si accese e di colpo mi allontanai da lì più velocemente che potei.

Riuscii a ripararmi nell'altra stanza e un attimo dopo il boato più forte che abbia mai sentito portò a farmi tappare le orecchie con le mani, era assordante, una bomba era appena esplosa a pochi metri di distanza da me.

Tossii, l'aria era irrespirabile, il fumo ricopriva ogni metro cubo e accecava gli occhi. Ritornai sul lato del salotto per controllare la situazione, e quella che vidi non era più casa mia, era tutto irriconoscibile, tutto era andato distrutto, mi guardavo attorno come se fossi la superstite di una guerra che si fosse svolta proprio lì.

La porta d'entrata, di legno carbonizzato era buttata a terra, smisi di guardare triste le reliquie dei miei mobili e oggetti personali e guardai attenta e preoccupata la soglia di casa, sentivo i passi, non se n'erano andati, stavano tornando, erano lì, mi avevano raggiunta erano riusciti ad aprirsi un varco per poter irrompere a casa mia.

-Eccola! Prendetela!- Urlavano non appena mi videro.

Il mio istinto di sopravvivenza mi consigliò di scappare, passare per l'ingresso era troppo pericoloso, avrebbe significato scavalcare tutti quegli uomini armati che contando sulle probabilità mi avrebbero presa con poche difficoltà, erano armati e attrezzati, non si trattava di ragazzetti.

Con un cuore d'acciaioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora