69. Combattere

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Canzone per il capitolo

Burn it down - Linkin Park


-Avanti.- Ormai era vicinissimo -Prendi la mia mano.- 

Diedi uno sguardo veloce ad Adam per cercare sicurezza, ma lui era ancora più confuso di me, non riuscivo a decifrare la sua espressione. 

-Allora?- L'uomo che mi dava così tanta confidenza, che si era azzardato ad entrare e mettere sottosopra due delle mie abitazioni, di cui uno un posto che ritenevo il più importante in assoluto e che mi aveva sparato inseguendomi per un motivo a me ancora sconosciuto, voleva che mi fidassi di lui, voleva che porgessi la mia mano avanti e che prendessi la sua.

Mi sciolsi dalla ferrea presa di Adam sul mio braccio, e feci un passo avanti.

-Hanna ma che fai?- Adam fece per riprendermi e avvicinarsi a me, ma con un'occhiata lo feci tornare a posto, per poi tenere lo sguardo fisso sull'uomo verso cui avanzavo lentamente.

-Ecco, brava Hanna, così si fa.- il suo ghigno si ingrandiva sempre di più a ogni piccolo e lento passo che facevo.

Quando fui sufficientemente vicino, senza staccare lo sguardo dai suoi impassibili e neri occhi, alzai il mio braccio e feci per tendere la mia mano verso la sua, in quell'istante potei vedere qualcosa brillare in quelle iridi nere, la sua missione si stava per compiere.

Ma io non ero uno dei suoi subdoli servi, non sottostavo ai suoi ordini, non mi facevo comandare, lui non era niente per me, e non avrei fatto niente di quello che mi avrebbe detto, e a maggior ragione non gliel'avrei data per vinta così facilmente, non senza combattere, non senza averle tentate tutte.

Non presi la sua mano, non l'avrei mai fatto, la mia espressione da docile e pietosa si trasformò in sicura e decisa, aggrottai le sopracciglia e rapidamente afferrai il suo braccio, e con un minimo sforzo lo alzai, facendo sopraelevare il suo intero corpo da terra per poi ributtarlo violentemente al suolo nella parte opposta, dietro di me, sotto lo sguardo basito di tutti i presenti.

Attimi di silenzio inaudito si susseguirono, nessuno parlava, sentivo il mio cuore battere all'impazzata mentre cercavo di regolare il respiro.

La mia vittima si trovava stramazzata a terra, si lamentava per il dolore che gli avevo causato facendolo sbattere con la schiena a terra. Non avevo mai fatto del male a qualcuno, ma in quel caso era necessario, non avrei voluto continuare ma intorno a me tutti gli altri uomini si misero in posizione d'attacco.

-Adam!- lo richiamai urlando, e di corsa mi si affiancò, tenevano tutti le pistole puntate su di me, ma non sparavano, sapevo che il loro obbiettivo ero io e che lì Adam era solo un impedimento ai loro piani, lui non andava colpito, e sicuramente finché sarebbe stato accanto a me, non avrebbero fatto fuoco.

-Non lasciateli scappare!- ordinò ansimando l'uomo a terra.

E invece io me ne sarei andata da lì.

Strinsi i pugni caricandomi di rabbia e in uno scatto mi gettai addosso al più vicino degli uomini, assestandogli dei colpi non troppo violenti, ma sufficientemente forti da metterlo al tappeto definitivamente, e far si che non si rialzasse.

Feci lo stesso con tutti gli altri che seguirono, un calcio nello stomaco, una gomitata alla schiena, pugni, ginocchiate, e nessuno che si rialzasse o che tentasse di ribattere, ero troppo veloce per loro, e senza l'uso delle loro armi non potevano fare niente, ero più forte, se avessi continuato così con tutto il resto sicuramente ce l'avremmo fatta.

Il mio obbiettivo era farli cadere tutti, dal primo all'ultimo, finché non l'avrebbero finita di fare resistenza e ci avrebbero lasciati andare.

Era l'unico modo per uscirne, avevano cominciato loro, e noi l'avremmo finita, mi dispiaceva fare del male, ma non potevo farne a meno. 

Uno dopo l'altro i corpi inermi attorno a me aumentavano, e mi sentivo sempre più realizzata, ero sempre più vicina al mio obbiettivo.

-Hanna!- sentii qualcuno richiamarmi e subito lasciai cadere a terra in un tonfo l'uomo che tenevo alzato dal colletto quando capii che era proprio la voce di Adam a nominarmi.

Sbarrai gli occhi alla vista di quella scena. Era a terra in ginocchio, due uomini lo tenevano fermo immobilizzandogli ogni suo arto per rendergli impossibile ogni movimento, mentre il "capo", che a quanto pare aveva ritrovato le forze per rimettersi in piedi, gli puntava una pistola in testa. Adam aveva il volto stravolto, gli usciva del sangue dal labbro e aveva lo zigomo gonfio e viola, lo avevano colpito, io ero così presa nel combattere che mi ero dimenticata di controllarlo, di difenderlo, e ovviamente l'avevano preso.

Io pensavo che dato che il loro solo obbiettivo ero io non l'avrebbero toccato, e invece mi sbagliavo, vederlo in quella stato, mi fece salire una rabbia ancora maggiore, non si dovevano azzardare, non dovevano prendersela con lui, nessuno gli avrebbe dovuto fare del male.

-Lasciatelo subito!- gli gridai contro con disprezzo, volevo distruggerlo, me ne pentii amaramente di non averlo sistemato come si deve alla prima occasione, non sarei dovuta essere così buona e delicata.

-Tu metti le manine in alto e consegnati, e al tuo amico non verrà fatto niente.- peccato che già lo avevano fracassato di botte, non si reggeva neanche in piedi e respirava a malapena.

-Prima lascialo.- gli altri uomini senza timore mi si affiancarono. -Non avresti dovuto toccarlo.-

-Io faccio quel che mi pare, ora metti immediatamente le mani in alto e consegnati senza fiatare.-

Vedevo nero, la vista di Adam ridotto così male mi riempiva d'odio e risentimento, mai avrei sottostato ai suoi ordini, mai mi sarei arresa.

Feci per scagliarmi contro quella fonte di disprezzo, che però non riuscì a raggiungere perchè caddi a terra, infatti poco prima che arrivassi a lui, fece un gesto con il capo e di rimando più di uno sparo si susseguì colpendomi in pieno in varie parti del mio corpo.

Molti uomini mi si gettarono addosso provando a fermarmi, ma io glielo impedii rialzandomi subito e combattendo come prima, ma la debolezza si fece avanti, quando gli spari aumentarono sempre di più e il dolore delle ferite mi bloccavano impedendomi di colpirli a dovere. Non avevano più nessun motivo per contenersi a usare le armi.

Cercavo di avanzare e raggiungere Adam, dovevo liberarlo da quelle sudice mani che lo tenevano fermo, o tanto meno levargli quel pezzo di ferro puntato sulla sua tempia. 

Ma le mie ferite aumentarono e passai dal camminare allo strisciare per terra. Mi facevo avanti strisciando sul terreno con i gomiti, tenendo lo sguardo fisso sulla cosa che per me era la più preziosa, ormai gli uomini non tenevano con me più nessuna distanza di sicurezza, mi sparavano da neanche un metro. 

Alle pallottole però, si sostituì qualcos'altro, lo capì perchè l'effetto che aveva su di me quando mi colpiva era diverso, meno doloroso, o ero io che avevo perso la mia sensibilità, o avevo ragione. Quel qualcosa mi centrò al collo, trovai la forza per estrarmelo immediatamente, era una freccetta contenete uno strano liquido, un siero.

 Ormai non riuscivo più a muovermi, era come se ogni parte del mio corpo fosse addormentata, mi sentivo debole, priva di ogni forza,  ma finché vedevo di fronte a me quegli occhi verdi avevo una vana speranza, quando però mi privarono anche di questo privilegio, se ne andò, non c'era più nessuna speranza. Cominciai a vedere sfocato, fino a poggiare la testa a terra e chiudere lentamente le palpebre, il suono degli spari, che nonostante non fossi più in grado di muovermi non cessarono, si spostarono in secondo piano, rendendo l'unico e ultimo suono che udii, le urla strazianti di Adam che urlavano il mio nome, poi anche quelle scomparirono lasciando posto all'oscurità e al silenzio totale.


Con un cuore d'acciaioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora