53. Tristezza, rabbia e paura

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Canzone per il capitolo

Sad - Maroon 5


Dalla sua espressione si deduceva facilmente che quello che vide non lo lasciò per niente sereno, mi guardava con quegli occhi confusi e pieni di domande.

-Hanna ma...- cercò un'altra volta di controllarmi la mano.

Indietreggiai sotto shock, alternavo freneticamente lo sguardo tra lui e la ferita aperta, che non sanguinava.

-No! Hanna un bel niente, lasciami andare!- sbottai all'improvviso verso di lui e mi dileguai da quel posto il più velocemente possibile.

Senza guardare indietro arrivai correndo a casa, chiusi la porta a chiave facendogli fare tutti i giri possibili, corsi alla finestra del salotto, se così si poteva definire, che era aperta,  e la chiusi tirando con fare poco delicato la tenda, feci lo stesso anche per tutte le altre finestre dell'abitazione.

Quando ogni apertura fu chiusa, poggiai la schiena al primo muro che mi capitò a tiro, e tra le lacrime scivolai lentamente, fino a sedermi sul gelido pavimento.

Era così che volevo stare, da sola e al buio, lontana da tutti, ed era così che mi sentivo all'interno spenta, senza un filo di luce, e questo faceva male, più male di quanto immaginassi.

La scena della discussione con Adam si ripeteva continuamente nella mia mente, e in me si alternavano vari tipi di emozione, ero triste, arrabbiata e spaventata.

La tristezza mi faceva piangere e chiudere in me stessa, avevo perso Adam, la persona che mi insegnò ad amare, e per questo lo ringrazio, ma fu allo stesso tempo la mia condanna, ora non mi sarei sentita uno schifo totale se lui non avesse risvegliato quei sentimenti che ora mi stavano uccidendo.

Avevo perso la persona che occupava nella mia vita il posto più importante, e tutto per colpa mia, l'avevo trovata e persa, avevo fatto tutto io, e ora eravamo in due, due persone ferite, se fossi rimasta dov'ero tutto questo non sarebbe mai successo, nessuno si sarebbe fatto del male, e io non sarei stata lì a piangermi addosso.

Cercavo di calmarmi, di dirmi che ormai era fatta, se non avessi avuto nessuno attorno non avrei avuto problemi, cercavo di convincermi che quello che avevo fatto fosse giusto, ma più ricordavo gli occhi di quel ragazzo, i suoi pugni stretti, la sua voce piena di rabbia, e la sua ira mescolata con una buona dose di amarezza e paura, più le lacrime scendevano copiose, e non mi importava se andavano a toccare la ferita sulla mano, provocando delle dolorose scosse elettriche, me le meritavo tutte, mi meritavo quel dolore, Adam non era il solo a soffrire, ma mi pentii di non averlo dato a vedere nel modo più trasparente possibile, a lui mostrai solo da mia indifferenza, che non esisteva, avrei voluto stringerlo a me, piangere e inginocchiarmi chiedendogli scusa, scusa di quello che avevo appena detto, scusa per tutto quello che avevo fatto, che me ne rendevo conto di aver sbagliato, e la colpa di tutti quei problemi ero solo ed esclusivamente io, che mi ero intromessa nella sua vita, volendo egoisticamente sapere cosa si prova a vivere da normale ragazza di città, io volevo solo una vita normale, ma questa esperienza mi fece capire che rimanere in disparte ed escludermi da tutto fosse stato meglio. 

Non ero fatta per la gente, e la gente non era fatta per me.

Poi ero arrabbiata, arrabbiata per la sua testardaggine, perchè Adam non era quel tipo di ragazzo che abbassa la testa, e capisce fin dove possa spingersi, no, lui non aveva alcun limite, lui era pieno di domande, di dubbi da riempire, e se non poteva sapere quello che gli interessava con le buone lui si arrabbiava, lui usava le maniere forti, era capace di tenerti bloccata finchè non avessi parlato.

Con un cuore d'acciaioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora