50. Lo faccio per lui

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Canzone per il capitolo

Hallelujah - Hannah Trigwell

Erano le 7.00 del mattino, mi svegliai e mi alzai dal letto come tutti gli altri giorni, feci colazione con calma, e mi preparai per iniziare una nuova giornata di scuola.

Con lo zaino in spalla, stavo per uscire da casa, ma un tonfo mi fa retrocedere, le ante della finestra si erano spalancate per il forte vento. Lottando contro la corrente mi avvicinai all'infisso, ma prima di poterlo chiudere, diedi una sbirciatina al tempo fuori, il cielo era costernato da fitte nuvole in movimento, poi abbassai il capo, per guardare la strada.

C'era una macchina nera parcheggiata sotto il mio palazzo, la sua macchina, e lui là dentro al posto del guidatore in attesa che scendessi, per poter dirigerci a scuola insieme, come sempre d'altronde.

Solo fino a quel momento, nell'attimo in cui lo vidi, mi resi conto che avevo rimosso tutto quello che era successo la sera prima.

Come una scema, stavo andando a scuola come se niente fosse, e peggio ancora con lui, ma lui non era arrabbiato? Forse sperava solo in un mio crollo momentaneo, sperava che tutto si sarebbe messo apposto dopo un paio di ore, ma lui non sapeva che il problema non si sarebbe potuto risolvere in così poco tempo, il problema non si poteva risolvere, sarebbe rimasto un problema per l'eternità.

Buttai lo zaino che tenevo sulle spalle dall'altra parte della stanza, e chiusi violentemente la finestra, non andava bene così, avevo detto che avevo bisogno di tempo, per pensare, e l'avrei fatto da sola. Quando c'era lui nelle vicinanze, il mio cervello non funzionava mai al 100%, lui mi faceva quest'effetto, la parte razionale di me si spegneva, con lui vivevo solo di emozioni, ma dovevo metterle momentaneamente di lato.

Ore 8.00, le prime lezioni sarebbero già cominciate, e l'auto era ancora nello stesso posto, lui però era uscito ed era seduto sul cofano anteriore, guardava il portone, e a tratti anche la finestra, ma io mi nascondevo dietro la tenda, per non farmi vedere, mi chiedevo quando ci avrebbe messo a capire che doveva andarsene, che con me era solo tempo perso.

Ma come faceva a capirlo, se io non glielo dicevo?

Il giorno prima non gli diedi neanche una minima spiegazione, è normale che non sappia che pensare, o che fare.

Ore 8.45.

Se non se ne andava ora avrebbe perso la possibilità di entrare prima della seconda ora. Stava ancora lì, ma proprio come immaginai, poco dopo si drizzò in piedi, diede un sonoro calcio allo sportello della sua macchina, ed entrò sbattendolo con rabbia.

E io che pensavo che teneva in particolar modo a quella macchina, gli diede un calcio che gli procurò un'ammaccatura da non poco, e questo mi sorprese.

Vedevo l'auto sfrecciare lontano, e mi staccai una volta per tutte dalla finestra, non avevo più niente da osservare, era il momento , dovevo decidere cosa fare, ora eravamo solo io e me stessa.

E sarà così per molto tempo, se non per sempre.

Dovevo tagliare ogni rapporto con Adam, il tutto era diventato troppo pericoloso, per me e per lui, oltre per il fatto che insieme non saremmo andati da nessuna parte, non avremmo avuto un futuro.

Ero davanti agli scaffali della mia camera che ospitavano i miei numerosi libri, li avevo letti tutti, la maggior parte, erano storie di ragazzi, di amore, tutte finivano in un modo, i protagonisti dopo aver osteggiato delle difficoltà, riuscivano a trovare un modo per stare insieme.

In quei mesi anch'io paragonavo la mia storia con quella delle favole, dopo le tante peripezie e problemi affrontati, dopo tutto il dolore subito, pensavo di aver trovato finalmente il lieto fine, di aver posto una fine alle mie pene, e invece mi resi conto che non avrei mai potuto avere un "per sempre felice e contenti".

Io non vivevo in una favola, la realtà era tutta un'altra cosa, niente sarebbe durato per sempre, e se fosse durato all'eternità, sarebbe stato tutto fuorché felice, cosa c'è di bello nell'essere condannato ad un'eternità di solitudine, la verità e che ero sola, e avvicinarmi a qualcuno fu uno sbaglio, non potevo trascinare Adam con me, non se lo meritava, lui si meritava il meglio che c'era.

Per questo dovevo trovare un modo per farglielo capire, fargli capire che per il bene di entrambi, non potevamo stare più insieme, sarebbe tutto finito, tutto quello che avevamo costruito fin'ora, tutte le belle giornate passate insieme diventeranno lontani ricordi, come tutti gli altri, avrei dovuto riabituarmi a stare lontano da lui, a vivere nella solitudine, senza i suoi abbracci e suoi baci, senza potergli più parlare.

Dovevo.

D'istinto dirai un calcio contro il muro, la rabbia e la disperazione stavano prendendo il controllo di me stessa. Con la mente annebbiata da qualcosa di più forte della mia volontà, afferrai una sedia e con essa colpii violentemente tutto ciò che mi capitava a tiro, colpivo più forte che potevo, la rabbia mi accecava, quello che pensavo non lo volevo realmente, ma andava fatto, andava contro quello che credevo, io credevo che l'amore era la cosa più forte e vera che ci fosse, l'avevo imparato stando con Adam, ma adesso dovevo abbandonare tutto, lo avrei fatto soffrire, sarei crollata di nuovo nel vuoto, ne ero appena uscita e non volevo ritornarci, e la colpa di tutto questo era solo mia.

Lascia cadere la cosa dalle mie mani, che ormai non aveva più la forma di una sedia, e lentamente scivolai a terra tra le macerie. Un pianto disperato occupò il silenzio che si era creato, prendendo il posto delle precedenti urla angoscianti.

Non riconoscevo più la mia stanza, mi ero stagliata contro tutto ciò che mi circondava, i muri erano tutti rovinati , insieme a tutti gli altri mobili, la mia libreria, i miei libri, tutto distrutto, ma non era niente in confronto a veri danni che avevo causato.

Un mobile si più rimpiazzare con un altro.

Un cuore, non si può riparare, io avrei ferito Adam, io lo avrei ucciso da dentro,sapevo quanto ci teneva a me, sapevo cosa provava, lui sarebbe stata la vera vittima di tutto questo, non avrei mai dovuto lasciare che si avvicinasse così, sapevo che non dovevo, ma l'ho lasciato fare, e ora ci trovavamo in una situazione orrenda, gli dovevo dire addio.

Ma io non volevo.

Però dovevo.

Lo facevo appunto perchè lo amavo, io tenevo a lui più di qualsiasi altra cosa, più di me stessa, figuriamoci, e se io fossi stata un male per lui, allora lo avrei lasciato libero, me ne sarei andata, avrei troncato tutto, era per lui. Solo per lui.



Con un cuore d'acciaioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora