Canzone per il capitolo
Say now - The Rival
-Lasciateci uscire!- continuavo a ripetere urlando a squarciagola e come previsto dopo poco fecero capolino nella stanza un gruppo di persone, tre di loro, i primi che entrarono, due uomini e una donna, indossavano ognuno dei lunghi camici immacolati, proprio come dei dottori, esitavano ad avvicinarsi a me, nelle loro espressioni era palese il loro stato di allarme. A loro seguirono altrettante persone, che spintonarono i primi facendosi largo per raggiungermi e puntarmi contro i loro fucili.
-Smettila immediatamente!- mi ordinarono.
Ma io non li temevo e non li ascoltavo continuando a sbattere contro le sbarre della piccola cella dentro la quale mi sentivo soffocare, ne avevo già abbastanza.
-Aprite questo affare!- insistevo, ma nessuno si faceva avanti per porgermi alcun tipo di chiave. -Aprite!-
Uno sparo, che si susseguì immediatamente alla mia richiesta, colpì il pavimento proprio vicino ai miei piedi,non era indirizzato a me, era una sorta di avvertimento, indietreggiai sul colpo, ma ritornai all'attacco subito dopo, le sbarre erano sempre più incrinate.
L'arma di uno degli uomini si alzò e quella volta puntò dritto al mio viso, il suo dito era già poggiato sul grilletto, era pronto a sparare, il suo sguardo lottava contro il mio minacciandomi silenziosamente che se non l'avessi finita mi avrebbe colpito e fatto male seriamente, ma io non mollavo, sostenevo il suo sguardo, era come una gara a chi crollasse prima.
-No fermo!- si intromise, uno di quelli che erano degli scienziati e che finora erano rimasti in disparte. -Non puoi colpirla.- si rivolgeva all'uomo col fucile, che, pur esitando, lo mise giù prestando ascolto al camice bianco.
Mi approfittai della situazione per continuare a tentare di uscire colpendo la mia prigione, mentre lo scienziato cercava di persuadere l'arma a non danneggiare il "soggetto", così mi sentii chiamare, e questo bastò a far aumentare la mia rabbia e la mia voglia si spaccare prima la mia gabbia e poi le facce di tutti i presenti.
Ma a quanto pare l'avvertimento del dottore-scienziato o di qualunque cosa fosse, non fu chiaro abbastanza, tanto che un'altro degli uomini armati mi aveva colpita senza preavviso, non me lo aspettavo e mi aveva presa, proprio nella coscia. Sentii lo scienziato inveire contro il responsabile dell'atto, per poi calmarsi subito, dopo aver rivolto una rapida occhiata verso di me, mentre mi accasciavo lentamente al suolo.
Ci ero già passata, l'avevo già avvertita quella sensazione, non sentivo dolore, solo una stanchezza e un sonno tale da travolgermi tutto in una volta. Non ebbi neanche il tempo di estrarre dalle mie carni la freccetta di sonnifero, o qualsiasi cosa fosse, che tutto attorno a me scomparve, le voci si affievolirono e io caddi in un sonno profondo.
La soluzione somministratami doveva essere molto più efficace e forte di quella dell'ultima volta.
Il risveglio fu molto simile a quello di poco tempo prima, tentai di aprire gli occhi, ma li richiusi immediatamente per la forte luce bianca che dall'alto mi irradiava il viso, sbattei più volte le palpebre per abituarmi, fino a quando non fui in grado di tenerli definitivamente aperti.
Ero sdraiata, su una superficie fredda, ma non scomoda, tentai di alzarmi, ma non riuscivo a muovermi, non perchè i miei arti fossero ancora addormentati, ma perchè erano proprio immobilizzati, li muovevo ma restavano fermi, alzai la testa per osservare le mie braccia e le mie gambe, e scoprii con tristezza che erano tenute legate al lettino da cui, anche se avessi voluto , non potevo in alcun modo alzarmi, cercai con la forza di liberarmi, ma non ce la facevo, mi sentivo estremamente debole e priva di energia.
STAI LEGGENDO
Con un cuore d'acciaio
Khoa học viễn tưởngL'amore, quello che tutti conoscono, riesce a cambiarti la vita, questo amore invece è in grado di dartela. L'amore che ho provato è diverso, perchè io sono diversa. Nessuno sapeva cosa avevo dentro, che il mio cuore non batteva, che non avevo ossa...