67. Cosa vuoi?

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Canzone per il capitolo

Nessun grado di separazione - Francesca Michielin

-Ogni volta che guardo il tuo sorriso, giuro, mi scordo di tutto il resto, per me ci sei solo tu in quel momento, e sta succedendo la stessa cosa proprio ora, non ricordo più dove siamo neanche cosa stiamo facendo, io vedo solo il tuo bellissimo viso, che quando ridi arriva al culmine della bellezza, io impazzisco.- disse lentamente, imprimendo ogni singola parola di una dolcezza tale da riuscire a sciogliermi totalmente, e lo diceva sorridendo, quel sorriso che mi faceva lo stesso effetto che faceva a lui il mio.

C'era solo lui, c'eravamo solo noi, eravamo talmente presi l'uno dall'altra da scordarci del resto del mondo.

-Scusami.- mi sussurrò malinconico poi in un secondo momento abbassando lo sguardo.

-Per cosa?-

-Se ho permesso che ci allontanassimo, se mi sono arreso troppo presto, nonostante la tua sicurezza, nonostante tu mi abbia imposto di porre fine alla nostra storia, io avrei dovuto combattere, ti dovevo convincere, non ti avrei dovuto lasciare da sola, avrei dovuto rincorrerti fino allo sfinimento, invece ho lasciato perdere, mi ero davvero convinto che era giusto in questo modo, invece lo sappiamo entrambi che era sbagliato, lo sappiamo benissimo che l'errore peggiore che potessimo mai fare è quello di separarci, perchè sappiamo che così facendo non staremo mai bene, noi invece avremmo dovuto rischiare.-

Rimasi interdetta al sentire il suo discorso, non me lo aspettavo, avrei voluto dire "no, ti sbagli, non è così" per far valere la mia decisione e quello per cui mi ero battuta fino a poco tempo prima, invece non potevo che riconoscere la verità, aveva ragione, separarci fu sempre la scelta più drastica, pericolosa, dolorosa e sbagliata che prendemmo.

-io non pensavo di poter soffrire tanto, penso di non aver mai sofferto più di questi ultimi giorni in tutta la mia vita.- stavolta fui io a parlare.

-Penso anch'io di non essere stato mai più male di così.-

-Io sono stanca di stare a male, non ce la faccio più.- si poteva notare una punta di disperazione nella mia frase, ed era così, ero disperata, quel dolore continuo che continuavo a provare mi faceva disperare, avevo disperatamente bisogno di stare bene, trovare un equilibrio, perchè ero davvero stanca di tutto.

-Parlami della tua giornata più bella, quella così dannatamente bella che non potresti mai scordare.- sentenziò lui.

-Cosa c'entra questo?-

-Tu racconta e basta.-

-Va bene.- mi presi pochi secondi per pensare al giorno che reputavo il più bello, nella mia mente scorrevano varie immagini di diverse giornate, ma poi rimase solo un ricordo, come un'istantanea in movimento che si ripeteva senza sosta. -Sarà banale, ma se mi chiedi una bella giornata io non posso fare a meno di ricordare quella del... nostro primo bacio.-

Lo vidi sorridere sotto i baffi.

-Quella scena la ripeterei all'infinito, fuori pioveva, avevo paura, ero confusa, scappavo da te, la giornata poteva andare solo peggio, ma quando ti avvicinasti a me e afferrandomi senza preavviso mi baciasti, tutta la confusione e la paura scomparvero, facendo spazio a sensazioni stupende mai provate prima, sensazioni bellissime. Il mondo, la pioggia attorno a noi scomparve, ero concentrata solo su di te, e stavo talmente bene, sapevo di non volere nient'altro, il quel momento avevo solo una certezza, che se volevo stare bene, se io dovevo essere felice, l'unico modo era quello di averti al mio fianco, quel bacio spazzò via tutto il malessere e i dubbi, lasciando solo le cose positive, in quel momento capii che avevo estremamente bisogno di te.-

Adam mise la sua mano sulla mia e la portò al suo petto stringendola leggermente, mentre si guardava intorno con sguardo perso.

-Vuoi essere felice?- domandò sempre guardando il vuoto.

Io guardavo lui -Lo voglio disperatamente.- e la presa sulla mia mano si strinse ancora di più, ma non mi faceva male.

-Tu invece?- chiesi io.

In risposta si voltò di scatto verso di me, prima di dire qualcosa si soffermò ad osservarmi per qualche secondo e poi aggiunse senza esitare -Io voglio te, Hanna.-

Qualcosa dentro di me prese a muoversi velocemente, il mio cuore pulsava freneticamente fino ad avere la paura che potesse scoppiare da un momento all'altro.

Adam passò dal guardarmi negli occhi, a spostare il suo sguardo alle mie labbra, feci lo stesso anch'io. Avanzava impercettibilmente avanti verso di me, e io restavo ferma, in attesa che arrivasse abbastanza vicino. Più la distanza tra noi diminuiva più sentivo che sarei asplosa.

Ma quando fu a poco più di metà strada, pericolosamente vicino, si fermò, scosse leggermente la testa e fece per indietreggiare.

Ma io lo desideravo ardentemente, non potevo più aspettare, così in meno di un secondo mi protrassi in avanti, afferrai con entrambe le mie mani la sua testa e feci scontrare con urgente bisogno le nostre labbra, dando vita a un bacio bellissimo, oso dire all'altezza del primo.

Senza staccarci, mi misi più comoda sedendomi a cavalcioni su di lui, avevo bisogno di sentirlo vicino, mi era mancato un casino, il bacio diventava sempre più profondo. Le sue mani si muovevano sulla mia pelle accarezzando il possibile, ci stringevamo come mai prima, nessuno dei due quella volta sarebbe scappato, basta allontanarci, per niente al mondo ci saremmo separati, basta soffrire, non avevo più intenzione di stare male.

Non sapevo neanche per quanto tempo durò quel bacio, fu Adam a staccarsi per primo, ma mi guardò come per dire "se non avessi bisogno di respirare per vivere, non mi sarei mai staccato", dopodiché mi abbracciò poggiando il suo mento sulla mia spalla.

Ma a quanto pare qualcosa non andava, lo sentii subito irrigidire, e lasciare la presa attorno dal mio corpo. Mi staccai da lui e mi girai per guardare nella direzione in cui puntava Adam.

Mi immobilizzai appena vidi che proprio dentro casa, nascosto dietro la porta semichiusa d'ingresso, era appostato qualcuno, un giovane uomo dal camice bianco. Aveva in mano un taccuino su cui stava scrivendo e una borsa sulla spalla, era visibilmente sconvolto e in face di shock, nel vedere che lo avevamo scoperto.

Era successo, io e Adam eravamo entrati nel nostro mondo parallelo, scordandoci del resto, smettendo di vedere e sentire oltre la nostra personale campana di vetro, e ora uno sconosciuto, molto probabilmente il nemico era entrato in casa mia, ci avevano trovati, il "piano" era saltato, e ora non avevamo via d'uscita.

Dalle spalle dell'uomo fecero capolino all'interno della casa altre persone, erano gli uomini dall'uniforme bianca, armati fino ai denti.

-Spostati!- disse rude uno di loro, lo riconoscevo, era l'uomo che nel mio appartamento mi parlava attraverso la porta. Era il più alto e muscolarmente grosso di tutti. Con una mano spostò l'uomo col camice per farsi spazio, facendolo cadere a terra, e seguito da gli altri avanzò con passo veloce verso di noi, noi ,che ancora stesi sul pavimento, non avevamo pienamente realizzato che eravamo in trappola.

Con un cuore d'acciaioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora