40. Ricordi

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Canzone per il capitolo

Volcano - The Vamps ft Silentò


Mi capitava spesso di ripensare a come le cose erano cambiate, rivedevo la me dei primi giorni qui in città e la paragonavo a quella di ora. Mi stupivo di come fossi cambiata in quel breve lasso di tempo, di come la maggior parte della mia insicurezza e delle mie paure scomparì.

Mi ero adattata alla città e i rapporti con le persone erano più solidi e forti. Una prova esemplare era Adam, non sapevo come ma di giorno in giorno fra di noi le cose si evolvevano e il nostro legame si consolidava sempre di più. Ed era bellissimo. Il rapporto con lui mi faceva stare bene e mi faceva scordare di tutti i problemi che tenevo nascosti, e che da tempo non uscivano.

-Ora che facciamo?- Chiesi ai ragazzi.

Eravamo tutti seduti sulla soffice sabbia attorno ad un falò improvvisato.

-Non ne ho idea, io mi sto annoiando.- disse sbuffando una ragazza del gruppo.

-Perchè non esploriamo?- Alice si alzò di scatto in piedi, come se fosse pronta per andare chissà dove.

-Potrebbe essere una buona idea.- sentenziai io accogliendo la sua proposta, era un posto nuovo per la maggior parte di noi, e vedere nuovi luoghi non sarebbe stato male.

-Vai! Chi è con me e Hanna?- Mi alzai e mi affiancai ad Alice, più energica che mai.

Il resto dei ragazzi si guardarono fra loro titubanti.

-...ma ragazzi dai andiamo.- li pregai sperando che si convincessero, cercando di assumere un'espressione utile.

Adam sbuffò e si alzò -Coraggio pappemolli alzatevi il culo e facciamoci questo giro.-

Detto ciò tutta la comitiva si alzò e ci preparammo per questa escursione fra i boschi che costeggiavano la spiaggia.

-Cerchiamo di stare tutti vicini e di non perderci, qua il telefono non prende completamente.- Ci raccomandò Manuel.

Il bosco era molto fitto, pericoloso, per i vari fossati e dossi che si presentavano di tanto in tanto, ma allo stesso momento stupendo. Io camminavo incantata come se fossi immersa in una sorta di favola, tutti quegli alberi, non ne vedevo così tanti da un mucchio di tempo, il cinguettio degli uccelli che riposavano sopra di essi, il profumo dei fiori, così colorati, e dei frutti. Era tutto così bello, e familiare.

Io li ci ero già stata, riconoscevo quegli alberi, tutti quei profumi li avevo già sentiti, su quella terra ci avevo corso così tante volte che era impossibile per me non ricordare.

-Hanna, non ti allontanare.- senza rendermene conto avevo sorpassato il gruppo e mi trovavo leggermente più avanti.

Ero talmente assorta dai miei pensieri che tre secondi dopo mi dimenticai delle raccomandazioni, e proseguì dritto addentrandomi ancora di più nel bosco, ignorando le voci che mi richiamavano. I piccoli passi si trasformarono in larghe e veloci falcate che mi diedero la sensazione di volare. Era troppo tempo che non correvo così, mi ero sempre trattenuta, ma lì non mi vedeva nessuno. Era come se stessi vivendo una sorta di dejavù, come se fossi tornata indietro nel tempo, quando correre così per tutto il giorno per me era una cosa normalissima, quando ogni volta, dopo la mia consueta corsa tra gli stretti alberi tornavo a casa, casa mia.

Ed eccola là, proprio come l'avevo lasciata.

Mi fermai di colpo non appena mi ritrovai di fronte a quella casetta in legno in cui vissi per lungo tempo. Era molto che non la vedevo, e cautamente mi avvicinai come per paura che per un passo falso tutto potesse scomparire.

Ero tornata a casa.

Ed ecco anche quei ricordi, tanto dolorosi ma nostalgici al tempo stesso che mi si gettarono addosso con una violenza tale da farmi cadere violentemente a terra sulle ginocchia.

Pensavo di averli sepolti così in profondità che non si sarebbero mai più presentati, pensavo di aver chiuso la porta con così tanti giri di chiave che per far uscire tutto ci avrei impiegato un'eternità. Invece tutte quelle memorie riaffiorarono così velocemente che non mi diedero neanche il tempo di rendermene conto, uno schiocco di dita e mi avevano steso.

Non avevo mai provato quello che sentivo in quel momento, non mi era mai successo di crollare così.

Una sensazione di umido toccò la mia guancia, istintivamente alzai lo sguardo al cielo, pensando che stesse cominciando a piovere, se così fosse sarei dovuta andare via da lì immediatamente. Ma nel cielo non c'era neanche una nuvola.

Stessa sensazione di bagnato nell'altra guancia, tocco con la mano il punto preciso dove sento l'umido, e quella che avevo nelle dita era proprio una goccia di acqua, a quella ne seguirono altre ancora, fino ad avere il viso completamente fradicio. Le gocce scendevano copiose dai miei occhi fino ad arrivare a terra, non si fermavano, più mi sforzavo a farle smettere più aumentavano.

Io stavo piangendo.

Quelle erano lacrime. Delle vere lacrime.

Tentai di asciugarle come meglio potevo, ma niente, non la finivano di scendere.

Dei passi interruppero il mio pianto, e drizzai in piedi obbligando a quelle lacrime di smettere di uscire, non volevo farmi vedere in quello stato, non era da me.

I passi si facevano ancora più vicini -Hanna!- La voce di Adam arrivò indistinta al mio udito e in men che non si dica era lì, mi aveva raggiunto.

-Hanna cosa fai, perchè sei andata via così?- Parlava con il fiatone mentre si avvicinava ancora di più a me, che gli davo le spalle.

-Avevamo detto di non separarci, sai che..- raggirandomi mi si parò di fronte, e nel vedere il mio viso stravolto dalle lacrime si bloccò all'istante, il suo viso arrabbiato si tramutò in preoccupato.

-ma, ma che cosa hai fatto perchè hai pianto?- mi chiede toccandomi il braccio con una delicatezza esagerata, come se al suo contatto potessi rompermi in mille pezzi.

Non risposi. Quell'esplosione di ricordi mi aveva paralizzato, le immagini delle mie memorie di quel posto scorrevano dalla prima all'ultima, vedevo il laboratorio, vedevo l'acqua, Bea, tutte quelle giornate, tutto quel tempo, era tutto passato.

-Hanna, parlami, cosa ti è preso?- Mi afferrò deciso il viso e puntò i suoi occhi ai miei, voleva una risposta, e io volevo dargliela, volevo far uscire tutto, volevo dirglielo, volevo dirgli tutta la verità, dirgli che quella che avevo di fronte era la mia vera casa, che io ero nata e vissuta lì, e che io non ero quello che credeva che fossi.

Stavo per dirglielo, ero pronta, ma al posto delle parole uscì un pianto.

Uscì così forte che mi fece buttare fra le braccia di quel ragazzo sempre più confuso, e che nonostante questo mi stringeva a se e diceva -Brava Hanna, piangi, piangi più che puoi, svuotati, ci sono io qui tranquilla.-

Ripeteva queste parole durante tutto il mio pianto. Ringraziavo in un certo senso quelle lacrime, che appartenevano ad un pianto liberatorio. Mi sentivo più leggera, era come se parte delle cose che mi tenevo dentro erano in parte uscite, e quella fu per me una fortuna, oltre che una stranezza unica.

Una macchina che piange.

Mi ero di nuovo convinta di non dire niente a nessuno, le cose stavano andando tutte per il verso giusto, e nulla avrebbe rovinato tutto quello che avevo con fatica costruito.

I ricordi, i segreti sarebbe tutto morto con me.

#SpazioAutrice

Buona sera gente ecco a voi il 40° capitolo, mi scuso per non averlo pubblicato prima, ma mi sono dedicata controllare e correggere i capitoli precedenti, e devo ancora finire...

Che dire, come sempre vi ringrazio, i lettori aumentano sempre di più e io sono sempre più felice, Grazie❤

Alla prossima !

-Marty








Con un cuore d'acciaioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora