Canzone per il capitolo
Libero - Fabrizio Moro
Mi fischiavano le orecchie, ma pian piano il fischio andava a diminuire, mi arrivavano dei suoni confusi che però dopo un po si fecero sempre più chiari.
-Hanna svegliati!-
Riuscì a capire alcune parole, ma la voce sembrava ancora alterata.
-Hanna apri gli occhi, ti prego, svegliati!-
In seguito mi fu chiaro chi fosse a parlarmi, il fischio scomparì quasi completamente e riuscii a riconoscere la flebile voce di Adam, che mi pregava di aprire gli occhi, di guardarlo e reagire.
Sbattei più volte le palpebre prima di provare ad aprirle veramente, la testa mi faceva male, ed era questo che mi impediva di svegliarmi totalmente.
Aprii gli occhi, vedevo sfocato e non riuscendo a distinguere le immagini non sapevo neanche dove mi trovassi, o meglio non me lo chiedevo, non ancora.
La voce di Adam mi spingeva ad aprire sempre più gli occhi e a svegliarmi da quello stato di torpore, mi sembrò che passarono ore prima che mi ripresidel tutto, quando ricominciai a sentirmi le braccia e le gambe, e un po di quel mal di testa se ne andò, riuscendo a vedere e sentire meglio, mi sedetti dritta, alzando la faccia da terra.
Mi presi un attimo per capire per lo meno in che posto capitai, ero in una stanza, una stanza asettica e fredda, era grande, così grande da non vedere la fine, non vedevo finestre, c'erano forse una o due porte nelle pareti opposte, il colore predominante in quel locale era il bianco, un colore così luminoso ma freddo e vuoto allo stesso tempo.
Ma io non potevo muovermi liberamente in quella stanza, non potevo alzarmi, aprire quella porta e uscire, delle sbarre metalliche me lo impedivano, ce le avevo di fronte, a sinistra, di dietro, e...
-Hanna, Hanna!- mi girai di scatto alla mia destra, là dove la sua voce proveniva.
Avrei tanto sperato che non ci fossero, ma anche da quel lato, tra me e lui si innalzavano ulteriori sbarre verticali di acciaio, e lui era proprio lì, attaccato all'inferriata, con un braccio oltre di essa che cercava di raggiungere me, che mi trovavo seduta al lato opposto di quella che era una cella.
Eravamo entrambi chiusi in due gabbie, la nostra fortuna fu quella che erano perlomeno vicine, e non troppo lontane, o peggio in stanze diverse.
-Adam...- sussurrai.
Non esitai un attimo, ignorai i dolori, e mi precipitai vicino a lui afferrandogli la mano che si protraeva verso di me.
Per un po non dicemmo niente, spingevamo contro le sbarre per stare il più vicini possibile, abbracciandoci come meglio potevamo facendo passare le nostre braccia oltre quelle maledette sbarre.
Quando, nel bosco, lo vidi ferito nelle mani di quelle persone, temetti davvero di non poterlo più rivedere, provai una paura orribile, sicuramente la più brutta, ma ora che lo potevo vedere e sentire ero più serena, era ancora qui, era con me, e stava bene.
Chiusi gli occhi, volevo fare finta di trovarci altrove, volevo solo sentire lui, con uno sforzo mentale, le sbarre tra di noi scomparvero, e riuscii finalmente a trovare un po di calma, i nostri respiri si regolarizzarono, eravamo entrambi spaventati, insomma non ci trovavamo in una normale situazione di tutti i giorni.
Mi staccai da lui per studiare il suo volto, che afferrai delicatamente tra le mie due mani, non era più sconvolto e impaurito come prima, era visibilmente più sereno, lo vedevo dai suoi occhi, gli brillavano. Poi mi concentrai sulle sue ferite, che stranamente era come se fossero state medicate.
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Con un cuore d'acciaio
Ciencia FicciónL'amore, quello che tutti conoscono, riesce a cambiarti la vita, questo amore invece è in grado di dartela. L'amore che ho provato è diverso, perchè io sono diversa. Nessuno sapeva cosa avevo dentro, che il mio cuore non batteva, che non avevo ossa...