Capitolo ventiquattro.

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Stanotte non ho dormito per niente, continuava a tornarmi in mente tutto ciò ché successo.

Non ho voglia di andare a scuola, resterò nel letto a dormire e mi sa che Cameron dorme ancora dopo ieri sera.
Di certo non ho sbagliato io, si è incazzato, è uscito di casa, si è ubriacato e infine mi ha urlato contro cose che non doveva dire.

Cerco di rinchiudere gli occhi quando senti delle urla

"Ti prego" dice "Non te ne andare papà, non lasciarmi" urla ancora "Almeno tu"

Ma cosa succede? Corro da lui e lo vedo agitarsi nel sonno.

Lo abbraccio "Va tutto bene, è solo un incubo, svegliati" gli dico.

Apre gli occhi e sono lucidi, mi abbraccia all'istante.

Ha anche lui incubi la notte? Cosa è successo col padre?

"Va tutto bene?" gli chiedo.

Annuisce.

"Posso sapere cosa è successo?"

Mima un 'niente' e scosso mi fa spazio nel letto.

Mi stendo vicino a lui e senza dire una parola ci riaddormentiamo entrambi.

---

"Sam sveglia è tardi"

"Che ore sono?" sussurro assonnata.

"Sono le 3:30"

È tardissimo.
Mi alzo lentamente per andare verso il bagno.

Non so come comportarmi con Cameron, sono arrabbiata con lui ma cos'ha sognato stanotte?

Esco dal bagno ancora in pigiama e vedo che si sta prendendo una bustina per i mal di testa.

"Sam ascolta, quello che ho detto ieri io non lo pensavo sul serio e mi dispiace" sussurra.

"Cameron non puoi risolvere con un 'mi dispiace'. Sei uscito, ti sei ubriacato chissà perché, sei tornato dopo una giornata intera e mi hai detto delle cose orribili" gli dico.

"Si lo so, non ho scusanti ma davvero Sam, credimi non volevo"

Non mi importa ora delle sue scuse. È già tardi e tra un po' devo andare a lavoro.

Manca solo un ora, quindi inizio a prepararmi velocemente, sotto gli occhi di Cameron che sembra non capire.

Una volta pronta mi reco vicino alla porta

"Ma dove vai?" mi chiede.

"L'ho trovato il lavoro" dico uscendo.

Esco di casa e dopo una mezz'ora sono arrivata.

Busso la porta e ad aprirmi è la piccola Caroline.

"Mamma è già andata via" dice la piccola.

Ha gli occhi lucidi e la vocina tremolante.

"Cos'è successo piccola?"

Alla mia domanda la bambina sembra irrigidirsi e entrare in panico.

"È caduta" dice una voce scendendo dalle scale.

È un ragazzo poco più grande di me. È biondo abbastanza alto e magro.

"Scusami tu sei?" gli chiedo.

"Sono il fratellastro" mi risponde.

Annuisce "Dov'è Ivan?" Chiedo ancora.

"Dalla nonna" dice ancora il più grande.

Non c'é odio senza amore #Wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora