Capitolo trentasette

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Rabbia. Tristezza. Vuoto.

Tutto ciò che provo ora é questo, ho letto altre lettere, mia madre non ha mai voluto cacciarmi di casa é stata minacciata da mio padre.

Non so lui adesso dov'è, non so cosa stia succedendo ma so che tornerà. Me lo sento. Ho questa sensazione orribile che mi perseguita, lui é qui e mi é molto vicino.

Harold sapeva tutto, si è scusato dicendo che non voleva mettermi in pericolo. Non sa di Cameron, penso che lo ammazzerebbe, sa solo che abbiamo avuto una piccola discussione e io continuo a sperare che non si parlino almeno finché non ci avrò capito qualcosa io.

Cameron non lo sento ormai da due giorni, mi ha chiamato un centinaio di volte, mi ha mandato messaggi, gli parlerò, é ovvio, dobbiamo parlarne ma ora non sono ancora pronta. Non sono pronta a guardarlo negli occhi, in quegli occhi che quella sera mi hanno guardata con minaccia, rabbia, desiderio. Non sono pronta a sentire la sua voce o le sue scuse, scuse che sicuramente inventerà. Ma non ci sono scuse, non ci sono scuse né per bere, né per drogarsi, non ci sono.

"Sam,perché sei così triste?" mi chiede la piccola Caroline.

Si, sono tornata a lavoro a scuola non ci vado da quando ho litigato con Cameron ma tornerò domani.

Dove sto dormendo? Ovvio, da Cameron no sicuro, ma neanche a casa mia posso, quindi sono da Rosy.
Quando gli ho raccontato di Cameron voleva ammazzarlo, stava per andare da lui.

La piccola mi guarda ancora in attesa di una risposta che non posso ovviamente darle.

"No piccola, sono solo stanca" mento.

"Non é vero tu sei triste, hai gli occhi vuoti, conosco quegli occhi" mi dice.

Ha solo 5 anni, come può già capire così tante cose? Questa bambina ha una forza incredibile, é quasi difficile da credere. Come può una bambina capirti più di tutti. Forse é perché non ha avuto 5 anni facili.

"E tu come fai a saperlo?"

"Perché tu sorridi per finta, so cosa vuol dire sorridere per finta. É Cosi brutto, tutti ti guardano quasi con invidia credendo che sia tutto perfetto. So cosa significa cercare aiuto ma aver paura di chiederlo, cercare aiuto ma non riuscire ad urlare, non riuscire a smettere di sorridere e piangere allo stesso tempo" dice senza esitare.

É impossibile, una bambina così piccola non può mai pensare a tutto ciò, la mente della gente non arriva a ciò, non arriva a tutto questo ma lei si, lei ci é arrivata e non solo, lei lo sta vivendo. Sembra assurdo ma é così, si vede. Da quello che dice, dai suoi occhi. Eppure una cosa non mi quadra ancora, in realtà la curiosità mi spinge ad approfondire il tutto.

"Piangere e sorridere nello stesso tempo?" le chiedo.

"Sorridere fuori e avere la tempesta dentro. Avere tutti contro, tutto che crolla ma non mollare o almeno non davanti agli altri. Non bisogna mai crollare, bisogna farsi vedere forti perché i deboli li prendono di mira" faccio un mezzo sorriso immaginando già la sua risposta.

La osservo mentre dice queste parole con tale indifferenza ma si vede comunque in lei l'odio, la paura, la rabbia e la tristezza. Non sono sentimenti che si dovrebbero vedere negli occhi di una bambina, non sono parole che si dovrebbero sentire da una bambina. Dovrebbe pensare a giocare, a stare con altri bambini, dovrebbe essere felice e spensierata.

"Caroline, cosa ti succede? Perché sei così triste, hai solo cinque anni" le chiedo piano.

"Non esiste un età per essere felici o tristi ma io non sono triste" mente

"Caroline, non hai bisogno di mentire con me io ti capisco"

"Sai? Mi sono ripromessa più volte di non piangere ma non ci sono mai riuscita, ogni volta scoppiavo in un mare di lacrime e io questo non lo sopporto. Non voglio piangere Sam, vorrei non riuscire più a piangere, vorrei essere forte come te" dice con voce tremante.

Non c'é odio senza amore #Wattys2019Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora