Inizio

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È strano.
No, non la vita o chissà cosa, intendo l'amore. È strano.
Trovo sia ancora più strano trovarmi di nuovo qui, a camminare tra queste città che vedo solo con l'occhio della mente, a guardarmi intorno senza mai smettere di raccontarvi storie su storie.
È strano.
Ma, in ogni caso, sarebbe ancora più strano se non iniziassi a raccontarvi di questa storia che vorrà essere un viaggio con una meta ben precisa, un viaggio per gli smarriti.
Perciò meglio iniziare, che il nostro viaggio non arriverà mai alla fine.

Non pioveva in quella giornata di intenso inverno che sfidava il nuovo anno appena cominciato.
La nostra aquila vola su una splendida città che di soli e lune ne ha viste e ha sia vinto che perso un sacco di battaglie. New York quel giorno si muoveva coperta da un cielo grigio, pieno di nuvole insicure se scoppiare in lacrime di pioggia oppure restare lassù, ad intimorire i cittadini.
La città parlava con rumori di automobili, bus, carrozze e chi più ne ha più ne metta.
Ma, come di consueto, la lingua più parlata era quella dei passi, degli schiamazzi della gente che andava ovunque e da nessuna parte, con nessuna ragione.
Pieghiamo le nostre ali verso l'enorme distesa verde, quella splendida gemma incastonata nel cuore di New York: Central Park. Planiamo sui suoi folti alberi, dritti verso un grattacielo, ma non uno qualunque.
Perché vedete, è dal quel grattacielo, nell'attico più alto precisamente, che inizia la nostra storia.
Nell'appartamento c'era un silenzio tombale, la sala che dava direttamente sul parco dipinto di alberi spogli e qualche sbuffo verde. La cucina sopita.
La casa, dorme.
O almeno, questa era ciò che accadeva al primo piano, poiché al secondo si sentivano grida di vittoria o di esaltazione.
-Non mi prenderai mai!
Urlò una donna che ancora si sentiva ragazza. I capelli straordinariamente rosa dalla ricrescita nera, gli occhi come due mari della Sardegna e un sorriso in cui si rispecchiava il Sole stesso, la rendevano un vero e proprio dipinto di Picasso.
-Hai già perso Aurora, ammettilo!
Rispose invece l'uomo seduto accanto a lei su quei due comodi pouf, uno giallo e l'altro rosso, a giocare a Mario Kart.
Aveva i capelli mori con dei riflessi castani a mo di ciuffo, pettinati con cura di lato che puntavano verso sinistra. Sorrideva con il divertimento in bocca quando muoveva il joystick per far correre il suo go-kart su quella televisione davanti a loro.
Ma gli occhi...gli occhi erano uno spettacolo unico al mondo.
Aveva questo color marrone che potevano ingannare chi aveva l'onore di guardarli, ma a seconda della luce quel marrone si restringeva fino a diventare una piccola macchia attorno alla pupilla, sfumando verso il verde all'esterno.
I suoi occhi seguivano il tempo, accendendosi di giorno e scurendosi di notte.
La rosa distolse per un attimo lo sguardo dallo schermo, fissando il suo compagno con un ghigno malefico sulle labbra.
Allungò una gamba per colpire il pouf su cui era seduto, facendolo cadere all'indietro sul tappeto che riportava patriottico la bandiera americana.
Aurora approfittò della sua furbata per superarlo premendo un bottoncino del joystick con tutta la sua forza, tenendo quella velocità stretta nelle mani fino a tagliare il traguardo e vincere solo quando apparì la scritta winner sulla tele.
Si mise a ridere quando lo vide sospirare e lanciarsi a stella sul pouf, affondando la faccia mentre quella morbida sedia sprofondava sotto il suo peso.
Tirò una pacca sulla spalla.
-Mi devi un regalo Robert, era la scommessa.
Lo sentì borbottare esausto contro il tessuto del pouf, facendo poi leva sulle braccia per tornare a sedersi e guardarla a braccia conserte.
La pittrice indicò la scritta che ancora la decretava vincitrice, facendo poi il dito medio all'attore mentre faceva una faccia buffa che venne accolta con una linguaccia antipatica.
Aurora si alzò alzando le braccia al cielo per stiracchiarsi, ma non appena sentì il forno annunciare il fatto che le lasagne erano pronte, scattò.
Non fece in tempo a girarsi per correre che Robert la spinse così forte da farla volare sul divano, correndo più veloce del vento verso la cucina sottostante. La rosa si dimenò per riuscire a saltare giù dal divano, correndo a gambe levate lungo le scale e rischiando di scivolare rompendosi una gamba.
Posò lo sguardo sulla porta della cucina e vide il suo fidanzato in procinto di entrare, ma accelerò come una gazzella inseguita da un leone e lo placcò da dietro.
Robert era disteso lungo per terra con Aurora sopra che cercava in tutti i modi di evitare che si rialzasse.
-È mia la lasagna!
Protestò lui, facendo forza sui gomiti per strisciare come un morto verso il forno.
La cuoca gli bloccò i polsi per evitare che andasse avanti, ma la sua forza era nulla confronto quella di Rob che rotolò su se stesso finendo per schiacciarla con la schiena.
-Comoda?
La sfotté con una risata, muovendo il busto come una macina quando la sentiva muoversi per scappare.
Aurora sentiva i polmoni completamente schiacciati dal suo corpo, così decise di avvolgere un braccio attorno il suo collo per soffocarlo e accaparrarsi prima il cibo.
Robert le tirò un paio di manate sul gomito prima di riuscire a liberarsi e alzarsi, correndo verso il forno e riuscendo a prendere le fumanti lasagne.
Con una sola mano riuscì a tenere lontano il predatore che voleva sbranare la preda, riuscendo con qualche difficoltà ad impiattare  il prezioso cibo.
Si voltò e le tirò un pugno senza problemi, tanto l'aveva già previsto che si sarebbe abbassata per schivarlo e afferrargli il braccio per storcerlo senza successo poiché la fece sbattere contro il frigorifero.
-Ah, finito!
Batté le mani per farsi un piccolo applauso e finalmente riuscirono a sedersi come due persone civili e mangiare in silenzio.
Quando finirono Aurora stava già per uscire di casa, ma venne afferrata per un braccio.
-Dove credi di andare?
-Giulia mi starà aspettando.
Robert storse la bocca, alzando un sopracciglio enigmatico e iniziando a trascinarla al piano di sopra.
-Puoi restare con me questa notte, honey, ti devo un regalo.
Lei sbuffò, ma alla fine accettò il suo ovvio invito di andare a "dormire", saltandogli sulla schiena finché non arrivarono alla camera da letto.
-E comunque la prossima volta dobbiamo far correre quei go-kart come pazzi!
Disse la ragazza, scendendo dalle sue spalle mentre lui svaniva nel bagno, non prima di sporgersi dalla porta e sorridere.
-Fino a che le ruote non cadono.


*eh si, sono tornati. Questa storia sarà bellissima ve lo giuro, voglio che sia l'apice della mia carriera, il mio cavallo di Troia. Date un caloroso bentornato alla coppia più complicata del mondo. Commentate e votate altrimenti vi crucio...*
Qua da Shinimal è tutto
Al prossimo capitolo.

*Qua da Shinimal è tutto Al prossimo capitolo

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Until The Wheels Fall OffDove le storie prendono vita. Scoprilo ora