Il blocco

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Aurora stava tornando da lavoro, senza nulla in braccio questa volta per sua fortuna.
Era riuscita a dipingere quel quadro che riguardava l'amore e il tempo, sclerando molte volte contro i pastelli ad olio quando li usava per far rientrare quelle sporgenze dai bordi.
Nonostante tutto alla coppia era piaciuto e anche molto, se n'erano andati canticchiando la loro vecchia canzone che risaliva addirittura ai tempi della guerra.
Robert le aveva regalato un cellulare perciò subito lo chiamò prima di prendere un taxi e andare da lui.
Giulia non la vedeva da giorni, la loro era una pace molto fredda e ancora quel Brian non la convinceva ma se per l'amica andava bene, la rosa non poteva avere alcuna voce in capitolo.
-Pronto?
-Salve, è la finanza...
Sentì sbuffare e rise.
-Aurora sono a casa.
-Ma come fai ad essere così intelligente?
-Perché sono fantastico, ti aspetto.
Chiuse la telefonata ed era già pronta a prendere il primo taxi, ma a quanto pare erano tutti occupati perciò si fece i primi due isolati a piedi e tanto valeva chiamare un'auto gialla.
Mentre quel cumulo di umanità le marciava attorno guardava come si evolveva la giornata nel cielo di New York.
Se prima si sentiva una straniera, ora era cittadina.
E questo può significare solo il fatto che era pronta per lasciare definitivamente l'Italia...e sua madre. Le avrebbe spedito una lettera per farle sapere della sua decisione, le avrebbe parlato di Robert.
Dormiva sotto due tetti, ma solo uno sapeva di casa e se prima era Giulia, adesso la freccia s'era spostata.
Purtroppo la ruota gira e si ritrovò a guardare con sospetto un vicolo stretto, che girava a sinistra. C'era troppo rumore per i suoi gusti e poca polizia nei paraggi, perciò la giustizia arrivò da sola.
Come previsto non appena girò quella curva a gomito vide ciò che una femminista non deve mai vedere: uno stupro.
In quella città purtroppo ce n'erano troppi purtroppo, per questo esistevano persone come lei.
Aurora aveva solo un punto a suo sfavore: Robert non c'era.
Questo la incentivò ancora di più a correre e tirare un bel calcio nei gioielli scoperti del tipo palesemente drogato, e l'incubo per la donna svanì.
-Prenditela con quelli della tua taglia, oh scusa, sei solo un uomo piccolo che vuol credersi grande.
Disse con innato disprezzo, dosando bene i pugni stretti che finirono con un dolce sibilo sul volto del mostro. Schivò l'ennesimo calcio e ne tirò uno sul naso tanto da spaccarlo.
-Atten...
Tentò di parlare la donna che non aveva visto in faccia, era troppo occupata a lottare come i gladiatori.
Le lanciò addosso un bidone intero, ma agile come una pantera si mise in ginocchio al suo fianco, tirando una gomitata sempre nei gioielli e poi afferrarlo per il collo e ribaltarlo in avanti.
Non si era rotto, che peccato.
Lo sfidante si rialzò a fatica, infilando la mano nella tasca dei jeans.
-Corri!
Riuscì a gridare la vittima, ma Aurora con sguardo di sfida lo provocava a fare un'altra mossa, i pugni ben alzati e lo scatto incalzante.
-Ti prego, ha una...
Ringraziate il cielo che era drogato, perché il proiettile di pistola era finito nel muro e non dentro il cranio della protagonista.
L'arroganza fece spazio alla paura, la rosa non sapeva se scappare o morire pur di difenderla.
Ma ogni persona ha il suo angelo custode, e non tutti sono nel cielo.
-ATTENTA!
Due secondi e vide Robert pararsi davanti a lei con le braccia spalancate, respirando pesantemente mentre incupiva lo sguardo guardando la pistola puntata verso di lui.
Questa volta non avrebbe sbagliato il colpo.
-NO!
Gridò la pittrice quando sentì lo sparo e l'attore accovacciarsi, ma l'aveva fatto per tirarla a terra, stendendosi sopra il suo corpo quando il drogato lo prese a calci nei fianchi.
Aurora lo guardava stringere i denti dal dolore, si dimenava per invertire le posizioni e difenderlo, ma fu la stessa vittima a tirare il coperchio di un bidone sulla sua testa e stenderlo.
Si rialzarono con calma, e solo quando vide in faccia la donna scoprì la terribile verità.
-Vicky?!
Non fece in tempo ad allungare un braccio che ella corse via anche se con qualche difficoltà.
-La-la conosco è una mia collega...
Disse al vento balbettando dallo stupore, proprio non se l'aspettava.
Doveva parlarle un giorno.
Si voltò sorridendo a Robert che invece la stava guardando freddo e con le labbra livide come se stesse trattenendo uno di quegli urli che ti bucano i timpani.
-Grazie tesoro!
Lesse nel suo pensiero l'intenzione di baciarlo, per questo si spostò di lato con sguardo ferito.
-Ma che..?
La portò fuori da quel vicolo, lasciando il drogato in pasto agli sbirri.
Non parlarono finché non entrarono in casa, esattamente nella sala che ne aveva viste tante delle loro bravate, ma ora non più.
-Grazie, e per cosa? Per averti visto a tanto così dalla morte?!
Parlava con voce tirata e stridula, come se stesse trattando sia lacrime che grida, ma la severità era tutta sua.
-Avevo tutto sotto controllo!
Robert le puntò il dito contro come un giudice che accusa l'imputato, dentro di lui il controllo maestrale stava cedendo e si vedeva da come tremava.
-No non è così! E se ti avesse sparato? E se non fossi arrivato?!
Spalancò le braccia in un gesto sull'orlo della disperazione e rassegnazione.
-Saresti morta, e sarebbe stata colpa mia. Non voglio una morte sulla coscienza, non un'altra.
-Ma...
Non c'era storia per il maestro quando l'alunno sbagliava.
-Niente! Devi solo stare zitta e ringraziare quel buon Dio là sopra che ti ha risparmiato, perché ti ho salvato per caso okay?
Stranamente non riusciva a ribellarsi o ad insultarlo, ora gli errori ricadevano su di lei come sassi. Le tremò il cuore vederlo mentre si tirava i capelli appoggiando la testa su una colonna.
-Mi dispiace.
Riuscì solo a dire a testa bassa.
-Se muori muoio anch'io, ma sarò costretto a vivere in questo schifo di posto.
Non c'era nulla da aggiungere.
-Saresti così egoista che ti odierei.
In ogni caso, anche quando la pura paura fa dimenticare tutto, loro due riuscivano sempre ad abbracciarsi stretti più di un nodo.
-Ceniamo?
Il cellulare di Robert squillò.
-È Stella, ci sono degli aggiornamenti.
Era già davanti alla porta con la giacca in spalle.
Aurora uscì con lui, le lacrime stoicamente fuggivano al suo sguardo.
-Ma la cena?
-Non oggi.
Corsero giù per le scale e New York aveva già un filo di stelle sopra ai grattacieli.
Le labbra si piegarono in giù naturalmente, non poteva opporsi, dopotutto c'era un bimbo in gioco. Solo che voleva così tanto stare con lui ora che la guardava di striscio ancora arrabbiato, e Stella l'aveva portato via di nuovo.
-Oh, okay.
Mormorò con gli occhi sul cemento.
-Non posso baciarti ci sono dei paparazzi laggiù.
Lo vide correre verso i garage e il cielo comprese la situazione, per questo fece piovere.
Non aveva un ombrello, Robert di sicuro l'avrebbe protetta sotto la sua giacca, ma non c'era più.
Si mise le mani in tasca, lasciandosi picchiare dalla pioggia.
Era il primo mattone del grande muro, il più grande blocco che possa dividere una coppia.

*e anche oggi è andata. Non posso correggere il tempo è agli sgoccioli. Commentate e votate altrimenti vi crucio...*
Qua da Shinimal è tutto
Al prossimo capitolo.

*Qua da Shinimal è tutto Al prossimo capitolo

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