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Pov's Derek

Rumori ovattati mi arrivano alle orecchie, sento che ho la bocca aperta e mi fa male. Non riesco a muovere le braccia, c'è un odore strano qua dentro. Le palpebre mi tremano, tutto è sfocato e bianco attorno a me, la testa mi fa male, provo a mettere a fuoco la prima cosa che mi capita ad occhio, un macchinario che emette dei suoni ovattati. Chiudo gli occhi riposandoli, aspetto qualche secondo concentrandomi su questo suono, lentamente diventa più nitido fino a quando non ricordo cos'è, lo aveva anche mia madre. Apro gli occhi riuscendo a vederci meglio, sono steso su un letto, accanto a me ce n'è un altro intatto, provo a chiudere la bocca ma c'è.. un tubo? "Come si sente?". Questo pezzo di plastica mi viene tolto, giro la testa pentendomene subito dopo per la troppa velocità con cui l'ho fatto, un forte dolore mi colpisce la testa. "Strano". "In che senso?". "Mi fanno male i muscoli" parlo a fatica, la gola secca mi impedisce di parlare nei migliori dei modi. "È normale, è stato fermo per un po' di tempo" sento che mi afferra delicatamente per le braccia e il rumore della macchinetta cessa all'istante. "Cos'è successo?" apro di nuovo gli occhi, guardo l'uomo vestito con il camice mentre toglie degli aghi dalle mie braccia disinfettando poi i punti dove erano messi "Un'overdose. Era la prima volta che faceva uso di quel tipo di sostanze stupefacenti e il suo corpo non ha retto, è caduto in coma. È stato fortunato, a momenti rischiava di lasciarci la pelle" mi guarda impassibile negli occhi, non devo essere stato il suo primo paziente arrivato qui in overdose. Ma il problema è che io non ricordo nulla, so che ho preso qualche striscia alla festa ma non credevo di essere arrivato a tanto... non so veramente cosa pensare. Mi punta una torcia sugli occhi tenendomi ferme le palpebre "La terremo qui dentro per un paio di settimane per riabilitarlo, se sarà veloce potrà anche uscire prima". Annuisco e lo fermo prima che esca dalla stanza "È mai venuta una ragazza qui, Ashley?" domando con un minimo di speranza, afferra la maniglia sorridendo "Ogni giorno e ogni notte. Non ne voleva sapere di tornare a casa". "Per quanto tempo sono rimasto in coma?" domando infine, controlla la cartella clinica che ha fra le mani "Quasi tre settimane. Sul comodino c'è dell'acqua nel caso avesse sete. Le chiudo la porta?". "Sì.. sì grazie" sussurro e rimango definitivamente solo, solo con i miei pensieri. Ashley è rimasta qui fuori ad aspettarmi per settimane, dopo tutto quello che le ho fatto soffrire.. lei era qui. Sprofondo la testa sul cuscino, è un totale casino, dove sono andato a cacciarmi?

Sento un movimento, apro gli occhi alzando la testa verso la donna di fronte a me vestita tutta di verde "Mi dispiace svegliarla, ma ha delle visite. Vuole che li faccia entrare?" domanda lei, annuisco ringraziandola e mi sistemo meglio sul cuscino, spero che sia lei ma i miei sogni vengono infranti non appena vedo il mio migliore amico sorridente fare il suo ingresso seguito da Kate e Samantha. La piccolina corre verso di me arrampicandosi sul letto, rido abbracciandola impacciatamente con un braccio, l'altro ha ancora degli aghi che non capisco quale sia il loro utilizzo "Mamma ha detto che ti sei voluto nascondere per tutto questo tempo. Sono arrabbiata con te" ammette la piccolina con il broncio, rido accarezzandole la guancia, gli stessi occhi della sorella. "Mi farò perdonare con una maratona di Scooby-Doo, accetti la mia offerta di pace?" le domando assottigliando gli occhi scherzosamente, dubbiosa annuisce scendendo poi dal letto. Sorrido a Sam che la porta fuori dalla stanza e resto da solo con il mio migliore amico, prende una sedia avvicinandosi a me. "Vorrei spaccarti la faccia". "Lo vorrei anch'io" chiudo gli occhi rilasciando un lungo e pesante sospiro "Come stai?" domanda appoggiandosi allo schienale della sedia, alzo le sopracciglia guardandolo in faccia "Ancora un po' frastornato. Che mi sono perso?". "Beh, abbiamo vinto due partite e persa una, la scuola non faceva altro che chiedere di te, io ho avuto paura di perdere il mio migliore amico perché lui ha commesso delle cazzate" alza le spalle e scuoto la testa "So che non dovevo drogarmi, ma..." mi ferma con un cenno della mano "Non intendo la droga e l'alcol di quella stupida festa, poteva succedere in qualsiasi altra situazione. Sto parlando di Ashley, della vostra rottura". "Come sta?". "Verità o menzogna?". Alzo le sopracciglia per fargli capire ciò che voglio sapere, mette i gomiti sulle ginocchia e congiunge le mani "Non credo che sappia più cosa sia vivere. Io ci ho provato, stavo andando avanti con la scuola, il calcio e Sam, le uniche distrazioni per non pensarti. Ma lei non aveva nulla, la scuola era il suo ultimo problema, sicuramente anche dove dormisse non le importava. L'ho beccata qualche ora fa nella sua macchina che dormiva, l'ho riportata a casa, non so da quanto non ci mettesse piede". Mi strofino la mano sulla faccia, ogni sua parola è come una pietra che mi si scaglia contro distruggendomi ogni secondo di più. "Sono uno stupido". "In questi casi cretino". "Sta soffrendo". "Lo state facendo entrambi". "Credi che mi ami ancora?". "Amare è un diminutivo nel suo caso". "Mi perdonerà mai?". "Fai un'altra domanda" continuiamo con queste domande e risposte secche fino a quando non veniamo interrotti da mio padre e Madison, credo di non aver mai visto un sorriso così grande nella sua faccia. "Passo domani appena riesco" Luke mi da una pacca sulla spalla prima di salutare mio padre e Madison ed esce dalla stanza. Parlo anche con mio padre che non smette di guardarmi come se non credesse ai suoi occhi e non lo biasimo, ma la mia testa e il mio cuore stanno sperando che a momenti da quella porta entri lei in tutta la sua bellezza. Ma ciò non accade, nemmeno quando l'orario delle visite finisce. Mi distendo meglio sul letto, lo sguardo rivolto verso la finestra che da sul grande giardino dell'ospedale, il cielo notturno è coperto dalle nuvole, a momenti pare che si debba scatenare una tempesta. L'unica che tempesta certa è la mia e quella di Ashley, siamo una tempesta che mette sottosopra l'umanità e spero che prima o poi dopo la tempesta uscirà quel sole, quella luce che sto aspettando da troppo tempo ormai.

Uno sbaglio da commettere insiemeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora