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Il risveglio più traumatico che io abbia mai avuto? Senz'altro quando mio padre ha avuto la brillante idea di entrare in camera mia con una pentola e un mestolo. Se fosse successo quando ero più piccola sicuramente mi sarebbe piaciuto, ma non di certo in prima superiore, in piena età dell'inizio dell'adolescenza e dei primi disagi adolescenziali. Quel giorno resterà impresso nella mia testa come il giorno in cui sono diventata signorina e il giorno nel quale mio padre ha dovuto tenersi del ghiaccio sulla fronte per quasi tutto il giorno. Forse esagero, ma speravo che la padella in faccia avesse lo stesso effetto che ha con i cartoni animati, come in Tom e Jerry. Ma a quanto pare le facce non si appiattiscono. Per non parlare poi che quello era il mio primo giorno delle superiori, quindi potete immaginare il mio livello di nervosità. È con questo pensiero che mi sveglio, ma questo non è un risveglio così traumatico, tutt'altro: se potessi mi sveglierei così ogni giorno, anche se devo sfruttare una persona per farlo. "Ash svegliati, dai" sussurra al mio orecchio, in tutta risposta emetto un mugolio di disapprovazione. Continua con queste innocenti ma pericolose carezze sulla mia schiena: innocenti perché è una sensazione magnifica e rilassante, pericolose perché rischio di riaddormentarmi e non posso saltare un altro giorno di scuola. Mamma non l'ha presa bene quando ha scoperto che mi sono ammalata mentre lei era dall'altra parte dell'oceano all'oscuro di ciò. "Cinque minuti ancora" borbotto portandomi la coperta sopra il naso. "Devo ricordarti che abbiamo la Brown alla prima ora?". "Lo sai che di lei e della sua materia non me ne può fregar più di meno?" dico ironicamente aprendo a malapena un occhio "Madison si arrabbia". "Riprova". "Ti faccio uscire in pigiama". "Le tue minacce non funzionano" scuoto la testa e lo sento sospirare "E io speravo di non dover mangiare anche il tuo croissant alla nutella... ma se devo, vuol dire che dovrò mangiarne due, è un vero peccato che per te non ce ne sarà neanche uno". Le mie orecchie si raddrizzano e alzo la testa guardandolo in modo torvo "Tu non mangerai la mia brioches alla nutella. Né in questa vita, né in un'altra" minaccio nel modo più crudele possibile, metto giù i piedi sul pavimento pesantemente in modo da rimarcare in concetto. Mi velocizzo a scegliere dei vestiti sentendo il suo sguardo su di me "Se bastava così poco per convincerti perché non me l'hai detto subito?". "Non sarebbe stato divertente vederti in difficoltà" dico con nonchalance intimandolo con lo sguardo ad uscire per lasciarmi vestire. Obbedisce con una sorta di inchino goffo e, in men che non si dica, la porta viene chiusa alle sue spalle. Scuoto la testa e mi sbrigo a cambiarmi, il croissant mi aspetta!

"Ti odio" sibilo a denti stretti chiudendo lo sportello dell'auto "Stai mentendo spudoratamente" controbatte uscendo dal garage e imbocca la strada bagnata dalla pioggia per la scuola. "Mi hai teso una trappola, mi hai mentito e non te ne vergogni nemmeno?" domando imbronciata, la brioches tanto desiderata era solo un'imboscata per farmi scendere dal letto, non ce n'è mai stata una nella nostra cucina. Forse questo risveglio può essere messo allo stesso livello di quello di mio padre, lo shock è stato più o meno lo stesso, solo che la conseguenza di Derek deve ancora avvenire e, sinceramente, non vedo l'ora di vendicarmi. Vedo che col volante svolta da tutt'altra parte e lo guardo stranita "La scuola è dall'altra parte" gli faccio notare e annuisce accostando dopo poco la macchina di fronte ad un bar "Torno subito con le brioches promesse" e scende dalla macchina senza farmi parlare. Rimango perplessa e solo quando ritorna con un sacchetto in mano capisco perché non mi ha fatto fare la colazione oggi. Rientra sistemandosi con la mano i capelli un po' bagnati per la pioggia e mi appoggia il sacchetto sulle gambe: apro la busta e subito sorrido vedendo due croissant alla nutella. Mi sporgo verso il suo sedile stritolandogli la faccia tra le braccia e scoppia a ridere contagiandomi. Alza la testa sorridendomi e porta la mano sulla mia guancia, si sporge quel poco che serve per baciarmi le labbra strappandomi un altro sorriso più grande della mia faccia. Restiamo con le labbra unite per un po' di tempo e mi stacco solo quando il mio stomaco implora pietà. "Sbrighiamoci a mangiare, la Brown non ci farà entrare in classe" gli passo la colazione e annuisce "Se continua a piovere così oggi non ci alleneremo". "Lo spero per voi, sicuramente ti beccheresti l'influenza". "Male che vada rimarrò a casa per un paio di giorni, quindi aspetto di ammalarmi a braccia aperte". Scuoto la testa trattenendomi dal sorridere e finisco quasi subito la brioches. Mi bacia un'ultima volta prima di partire per la scuola e solo ora mi sorge un dubbio: che penseranno a scuola di noi? Come se mi avesse letto nel pensiero, mi afferra la mano prima di parlarmi "Faremo tutto nel modo più lento possibile, te lo prometto, non lo diremo a nessuno. Dobbiamo ancora capire come comportarci a casa, quindi per la scuola ci penseremo dopo. Facciamo come abbiamo sempre fatto, va bene?". "Va bene" sospiro girando la testa verso di lui che spegne la macchina dopo aver parcheggiato davanti alla scuola. Spero che riusciremo a trovare una soluzione al più presto...

Uno sbaglio da commettere insiemeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora