Capitolo 3

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Apro gli occhi che è già mattino, la sveglia suona le sette e trenta.

Ho appuntamento in Hotel con Paola alle dieci, ma voglio fare le cose con calma.
Per fortuna devo solo prendere un autobus per arrivare lì, la casa dista solo un quarto d'ora dall'albergo.

In cucina trovo la colazione pronta sul tavolo, una bella fetta di torta al cioccolato mi attende sul piattino.
Mi preparo un bel caffè, corto ed amaro.
Lo bevo tutto d'un fiato, è una bella botta appena svegli, ma ha il potere di svegliarmi.

Gusto la mia torta con calma.
Sto pensando che dovrei iniziare una dieta, magari fare attività fisica è una vita che rimando l'inizio di tutto ciò.

Non sono particolarmente in carne, ma neanche uno stecchino.

Ho le mie forme, non so se siano proprio al posto giusto, ma ci sono.

Non mi sono mai preoccupata di piacere a qualcuno, non ho mai avuto un fidanzato.

Certo ho avuto le mie cotte adolescenziali, sono sempre stata attratta dalla tipologia di ragazzo "problematico", il ragazzo perennemente arrabbiato con il mondo, quello che non studia, quello che dentro agli occhi ha la tempesta, ma il tipico che una come me neanche la guardava.

Credo di essere la tipica ragazza con il complesso della buona samaritana, dentro la mia testa sognavo di salvarlo dai suoi demoni, che il mio amore l'avrebbe cambiato, in realtà ringrazio che mi sia stato sempre lontano.

Io non sarei in grado di salvare nessuno, piuttosto se incontrassi un ragazzo così sono sicura che precipiterei sul fondo insieme a lui.

Quindi meglio sola!

Ecco una nuova parola, SOLA, ma in senso buono, sola per scelta, sola per rinascere e salvarsi.
La devo segnare nella mia agenda, vicino alla parola Positività.

L'acqua che scorre sul mio corpo mi sveglia del tutto.
È bello poter fare una doccia senza la paura che qualcuno possa entrare, ero abituata a lavarmi tenendo addosso l'intimo.

Da nudi si è troppo vulnerabile.

Positivo Angela, pensa positivo.
Devo allontanare i ricordi o rischio un altro attacco di panico come quello di ieri.

Oggi è il mio giorno non devo farmelo rovinare da nessuno.

Spengo la mente entrò in modalità automa, l'unico modo per ripararmi dai miei demoni.

Mi lavo meccanicamente, mi vesto allo stesso modo.

Indosso un pantalone nero ed una camicetta bianca il tutto donatomi da Paola.

Mi ha lasciato i vestiti preparati sulla poltrona della mia stanza.

Intreccio i miei capelli, lasciandoli ricadere sulla parte destra del mio viso.

La punta della treccia sfiora il seno, mi sono sempre piaciuti i miei capelli, biondi e mossi.

Delineo il contorno degli occhi con un filo di
matita, non sono una ragazza che si trucca molto, anche perché il colore dei miei occhi è già sufficiente.

Paola dice sempre che le ricordano il mare.

Controllo di essere in ordine, prima di afferrare le chiavi di casa ed andare.

Che caldo!
Ci saranno più o meno 40 gradi, il sole picchia forte sulla strada, sento già il sudore scivolarmi sulla pelle, perfetto arriverò al colloquio un disastro.

La fermata del bus non ha neanche una pensilina per ripararsi.

Dopo ben 15 minuti di sole cocente e zanzare assassine salgo sul benedetto autobus.

Che come previsto non ha aria condizionata e nemmeno un posto a sedere.

La camicetta mi si è attaccata al petto come una seconda pelle, mi sento a disagio, la mia positività è andata a farsi fottere.

Sento le persone chiacchierare in una lingua a me sconosciuta, questo da un lato mi da sollievo, non posso capire.

Era tremendo prendere i mezzi a Milano, sentire quello che le persone dicevano su di me.

Sono sempre stata bullizzata fin da bambina, se non ho mai commesso sciocchezze lo devo alla mia intelligenza.

Non che le loro parole non mi ferissero, ma ho sempre pensato che il problema fosse loro e non mio, avevo già tanti problemi dentro le mure di casa non potevo preoccuparmi anche di quello che succedeva fuori.

Volto lo sguardo fuori dai finestrini, riconosco subito il grande Hotel Lionel.

Prenoto la fermata per scendere.

L'autista frena ed io volo letteralmente per terra.

La sfiga è con me non c'è altro da dire.

Una signora mi aiuta a rimettermi in piedi, la ringrazio con un sorriso, prima di catapultarmi giù dal mezzo infernale.

Cerco di lisciare al meglio i miei pantaloni, quando alzo lo sguardo verso l'imponente edificio davanti a me.

La mandibola tocca quasi il marciapiedi è enorme, occupa quasi un'intera strada. Ha forma rettangolare, le pareti sono interamente in vetro, riflettono i raggi del sole.
È imponente, legale, stupendo.
Mi sono innamorata di un Hotel, sono uscita letteralmente fuori di senno.

<<Gidebilir başka bir yere mi?>>.

Qualcuno aveva parlato e quella solo voce era bastata a farmi tremare le gambe.
Aggiungendo il disagio di non aver capito cosa mi avesse detto.

Mi volto commettendo un errore mortale.

Se la voce mi aveva fatto tremare, l'uomo che stavo guardando mi aveva appena procurato un infarto.

Capelli lunghi raccolti in una coda disordinata, barba incolta, una distesa di muscoli che non avevo il coraggio di vedere dove finiva

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Capelli lunghi raccolti in una coda disordinata, barba incolta, una distesa di muscoli che non avevo il coraggio di vedere dove finiva.

Un aquila sul pettorale, che sembrava mi invitasse a toccarla.

Dovevo aver sbattuto la testa prima sull'autobus non c'era altra soluzione.

<<Ne olmuş yani?>>.

<<Cosa?>>.
Rispondo in inglese ed in evidente imbarazzo.

<<Ti ho chiesto se ti toglievi dalle palle?>>.

Perché gli uomini poi parlano? Sono così belli quando stanno zitti, possiamo almeno illuderci che siano normali.

<<Potevi benissimo passare da un altro lato!>>.

<<Potevo, ma non volevo, adesso togliti dalle palle non lo dirò di nuovo!>>.

Una sola parola mi viene in mente: Odio.
Io odio le persone come lui.

<<Prego>>. Allungo la mano in un gesto plateale davanti a lui <<Adesso puoi andare a farti fottere>>.

<<Contaci che lo farò>>.

Mi aveva appena fatto l'occhiolino, prima di riprendere la sua corsa verso l'hotel.

Che razza di stronzo!
Se riesco ad ottenere il lavoro, la prima cosa che faccio è scoprire la sua camera.
Gliela faccio passare io la voglia di fare il coglione.

Una vocina mi ricorda che non posso fare niente di tutto ciò perchè il lavoro mi serve, ma sognare non costa nulla giusto?

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