35.

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È passato un altro mese, oggi è giorno di visite. Lo so perché ho tracciato delle lineette sulla parete della mia cella con un sassolino. Li ho contati fino ad oggi, il mio giorno preferito, ho fatto questo per non perdere la cognizione del tempo, per non impazzire. Aspetto che qualcuno mi venga a prendere, ho bisogno di vederla, di farle un sacco di domande sul nostro pancione che non posso tenermi dentro. Le ho tutte in testa ma sono sicuro che quando la vedrò mi dimenticherò tutto e la dirò soltanto: "quanto sei bella."
Una guardia si fa vedere fuori la mia cella, scatto in piedi perché penso che entri e mi porti via ma non lo fa, mi fa un gesto come a dire di stare calmo, poi parla.
"Non hai visite" mi dice con quella faccia da cazzo che prima o poi romperò.
"Come no?"
"Qulla bella ragazza che stava al tuo fianco ha trovato un uomo migliore, non c'è nessuno per te" mi dice tagliente. Mi sento morire, mi sento mancare la terra sotto i piedi e sprofondare dentro una enorme buca che Roma in confronto è una serratura.
La bestia che è in me sale fino alla gola, la sento che vuole uscire, se apro bocca faccio un casino, lo giuro. Come un altro? Un altro uomo accanto a lei no, non lo sopporto, mi fa male, malissimo.
"Fatemela vedere uguale, voglio spiegazioni" urlo attaccato alle sbarre della cella con un pezzo di faccia di fuori, sono fuori di me. Nessuno mi risponde. "Chi cazzo è??" continuo ad urlare forte e chiaro perché lei, vuoi o non vuoi è mia. Ha una mia creatura dentro di lei, sarà sempre mia.
Mi ribello dentro la cella, fino ad ora sono stato zitto e buono, non ho mai fatto danni, ma ora è impossibile cazzo. Voglio almeno che lei me lo dica guardandomi dritto negli occhi che ha un altro meglio di me, un uomo che non gli da problemi e che ama molto di più di come ama me.
"Oh ti ha dimenticato, non viene più basta" mi urlano ma io non mi domo, anzi faccio ancora più casino, tanto che per farmi stare zitto ricevo solo una manganellata in faccia. Cado a terra, toccandomi la faccia. Mi ricorderò di loro, mi ricorderò di tutti quelli che mi hanno fatto male. Entra qualcuno e mi sedano, per farmi calmare perché mi sono buttato ad una guardia, lo stavo uccidendo con le mie mani. Chiudo gli occhi cullato da quell'apparente calma che mi da sta puntura e quando mi risveglio mi ritrovo a letto.
Passo un altro mese a contare i giorni sulla parete, è di nuovo giorno di visite ma nessuno viene a trovarmi, ne mia madre, ne lei, ne mio padre o mio fratello. Semplicemente dimenticato, qui in questa cella. Il mio cuore è rotto, non pensavo ne avessi uno, invece ce l'ho, strappato, fatto in mille pezzi. Le guardie continuano a dirmi novità su di lei, non ne voglio più sapere. Ho imparato a ragionare però, qui dentro passo tutto il tempo da solo per cui mi viene facile pensare.
Sono steso sul letto guardando il soffitto umido con il braccio sopra la fronte. Sapevo che poteva succedere una cosa del genere, in cuor mio lo sapevo. D'altronde non è giusto che aspetta me, che non so neanche se uscirò più da qui. Forse mi ha dimenticato, da una parte ha fatto bene, dall'altra solo a pensarlo mi sento morire.
Penso a tutto. Non vedrò mai mio figlio o figlia nascere, né crescere, non saprò neanche a chi somigliera se più a me o a lei. Non saprò mai se sarò un buon padre, non sentirò chiamare papà, non la cresceremo insieme, non vedrò la pancia crescere, né l'idea della famiglia che mi ero fatto con lei, una numerosa, con tre quattro bambini. Ma la avrà con un altro, farà dei figli, sposerà un altro ed è giusto da un lato che riprenda in mano la sua vita, senza di me. Ma mi manca da morire. I suoi capelli, la sua pelle, i suoi ti amo ripetuti mentre mi bacia, mi manca anche strillarle contro, litigare e poi zittirla con un bacio per fare pace, subito. Perché io voglio sempre tutto e subito. Sapevo che questa vita non avrebbe portato a niente di buono, eppure penso di aver fatto il possibile per lasciare un segno su di lei, oltre mio figlio. E così sarà, spero solo che lei abbia una vita dignitosa, alla sua altezza che non abbia mai un attimo di tristezza perché non se lo merita. E così facendo mi addormento in una notte non bella per me, la peggiore di tutte le altre. I mesi passano ed io non so niente di quello che succede al di fuori, non so se mi abbiano dimenticato tutti o se stiano progettando qualcosa. Non ho diritto a visite e smetto di contare i giorni, passerò qui il resto della mia vita, come pensavo dal primo giorno.

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