43. "Accappatoi slacciati e porte chiuse a chiave"

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Con gli occhi fissi sulla finestra, si strofinò i capelli bagnati con l'asciugamano mentre la porta della stanza, alle sue spalle, si apriva per poi richiudersi.

<<Hai trovato il tuo telefono, Sam?>> domandò, sorridendo alla distrazione della sua amica alla ricerca del suo cellulare da più d'un ora. Probabilmente lo aveva avuto nella tasca dei suoi jeans per tutto quel tempo.

Come risposta ebbe solamente silenzio, e ciò la portò a voltarsi mentre stringeva meglio il nodo dell'accappatoio che le copriva il corpo nudo.

Boccheggiò, osservando la figura alta che lei conosceva ormai a memoria, ed il suo cuore perse un battito prima di riprendere la sua corsa veloce contro la gabbia toracica.

Appoggiato alla porta della stanza, la scrutava con i suoi occhi scuri facendo scorrere lo sguardo su tutto il suo corpo, soffermandosi sulla scollatura profonda dell'accappatoio e sulle gambe scoperte, lucide e abbronzate.

La lussuria gli illuminava gli occhi, rendendo il suo sguardo impossibile da sopportare, mentre le farfalle nello stomaco di Isabella svolazzavano sotto all'intesità di quelle iridi.

Senza fiato, strinse con forza l'asciugamano tra le sue dita per poi sospirare guardandosi attorno.

<<Jonathan, che fai? Potrebbe vederci qualcuno>> sussurrò, avvicinandosi a lui che immediatamente si staccò dal muro facendo alcuni passi nella sua direzione.

Con le mani nelle tasche dei jeans, si fermò davanti a lei per poi chinarsi e sfiorarle la fronte con la punta del suo naso.

Isabella, socchiuse gli occhi mentre l'aroma del suo tipico thè ai frutti di bosco le sfiorava il viso facendola rabbrividire.

Gli posò le mani sul petto, coperto da una camicia azzurra, e alzò il volto verso di lui sentendolo lasciarsi sfuggire un sospiro pesante, come se fino a quell'istante avesse trattenuto il respiro.

Lo guardò e osservò la sua espressione ressagnata, come se si stesse arrendendo a qualsiasi cosa gli stesse dando tormento, rendendo la sua vita un'inferno.

<<Avevo bisogno di vederti>> sussurrò, sfilando la mano dalla tasca dei suoi jeans e scostandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Con le nocche poi, le percorse il contorno del volto e della mascella, per poi soffermarsi, con il pollice, sulle labbra che accarezzò facendole socchiudere leggermente.

<<Jonathan...>> bisbigliò sottovoce Isabella, come se temesse che qualcuno, oltre loro due, potesse sentire l'intimità che li univa in quell'istante.

<<Ti ho aspettata ieri notte...>> mormorò, la voce rauca, bassa e calma che non sentiva da fin troppo tempo, e lei volle maledirsi per aver percepito tanto la sua mancanza nel giorno in cui non si erano visti.

Quel lunedì, le ragazze si erano dedicate alla scuola e ai bambini, mentre i ragazzi avevano prestato servizio presso i centri dell'Associazione, impedendole così di vederlo per tutto il giorno, compresa la domenica in cui Jonathan si era rintanato nella sua stanza con il suo amico, tentando, probabilmente,  di risolvere qualsiasi cattiva notizia lo avesse costretto a lasciare di corsa la scuola quel sabato.

<<Non volevo disturbarti mentre lavoravi. Sei riuscito a risolvere quel problema?>> domandò, deglutendo il masso d'agitazione che le serrava la gola.

Non riusciva a comprendere perché, d'un tratto, si sentiva così nervosa attorno a lui. Tremava di desiderio per quell'uomo, e non c'era mai stata sensazione più bella e al tempo stessa spaventosa.

Giocherellò con i bottoni della sua camicia profumata, mentre sentiva le braccia di Jonathan avvolgerla come spesso faceva. Come se lui non potesse starle accanto a  senza posare le sue mani su di lei, toccandola e accarezzandola.

Perso Senza Di TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora