44. "I sentimenti rendono deboli"

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Le sue dita, lunghe e delicate, tracciarono la linea elegante della spalla, percorrendo la pelle candida e setosa e godendosi la sua morbidezza.

Il suo fiato caldo si perdeva tra le ciocche scure sparse sul cuscino, mentre quel buon profumo di talco e rose gli riempiva le narici.

Per lui, nelle ultime settimane, non esisteva essenza migliore di quella di Isabella. Quella lieve fragranza rimaneva appiccicata sulle sue coperte per giorni, e ogni qualvolta lui posava la testa contro il cuscino morbido, e ormai profumato, non riusciva ad impedire alla sua mente di correre verso una e sola destinazione.

Un sospiro gli lasciò le labbra, mentre con cautela inclinava il volto fino ad immergere il naso tra la criniera scura di capelli, per poi prendere un respiro profondo. Come se volesse far scorta di quell'essenza, e avesse paura che da un momento all'altro potesse scomparire lei, e la ragazza stesa e addormentata sul suo letto.

Le sue mani accarezzarono la spalla nuda di Isabella, ed i suoi occhi scuri si chiusero, perdendosi in quel senso di pace che non aveva mai percepito in quasi trent'anni di vita.

Non era la pace che si provava dopo aver risolto un grosso problema che avrebbe potuto distruggerti la vita. Non era nemmeno quel tipo di benessere che si percepisce stando attorno a persone che si ama.

Era una pace piacevole e sconosciuta, che gli s'infilava sotto alle ossa ad ogni istante in cui rimaneva accanto a lei. A osservarla dormire in pace, con gli occhi chiari chiusi e quelle labbra morbide e setose, come petali di rosa, leggermente socchiuse. Sentiva quella pace, quella dannata sensazione, penetrargli in profondità. Fin sotto a strati e strati di pelle, e fino a giungere a luoghi dove non aveva mai permesso a nessuna donna di arrivare.

Il suo cuore si strinse quando quella sensazione lo raggiunse, e per la prima volta nella sua vita si ritrovò ad aver paura di una persona. Di una donna.

Sollevandosi nel momento in cui un brivido gli percorse la schiena, Jonathan scattò in piedi allontanandosi velocemente da lei tanto che temette di averla svegliata.
Le sue mani, involontariamente, si strinsero in pugni ferrei mentre le sue gambe si muovevano lontani dal letto dove Isabella dormiva profondamente dandogli le spalle.

Il suo corpo nudo, era coperto dal lenzuolo color turchese, e nonostante riuscisse a vedere solo le sue spalle scoperte ed il suo collo, il desiderio percorreva Jonathan da testa a piedi.

Barcollò verso il divano, dove si sedette chinandosi per appoggiare i gomiti sulle ginocchia, ed i suoi occhi tornarono a posarsi su di lei.

Gli era impossibile non farlo, si era spesso perso a scrutarla senza rendersene conto e quello, ogni volta, lo mandava su tutte le fuori.

Non dovrebbe essere niente, solo un semplice modo, per entrambi, di soddisfare la loro implacabile attrazione.
Eppure nel profondo di Jonathan, in una zona oscura e nascosta della sua mente, la convinzione che lei fosse molto più di una semplice avventura lo torturava ogni giorno.

Non c'era modo che potesse permettere al suo cuore d'intromettersi in quella situazione, quello avrebbe messo la parola fine a qualsiasi cosa tra lui e Isabella. E lui sentiva ancora il bisogno irrefrenabile di averne sempre di più di lei, di averla tutta per sé fin quando non ne avrebbe avuto abbastanza.

Sospirando e passandosi in modo frustrato la mano tra i capelli, scompigliandoli, si sollevò in piedi per poi afferrare i suoi pantaloncini da basket, gettati per terra nella furia e nella passione che li aveva travolti poche ore fa, e se l'infilò prima di dirigersi verso la porta.

Si era imposto di smettere di guardarla dormire come un maniaco, ma gli fu impossibile non posare gli occhi su di lei.

Ora che le era davanti, poteva osservare il suo viso rilassato e la sua guancia teneramente schiacciata contro il cuscino, ed involontariamente una sensazione di calore gli scaldò il petto.

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