45."Solo tu"

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Si staccò quando la lingua calda di Jonathan le sfiorò le labbra, tentando di approfondire il bacio, e gli posò una mano contro il petto allontanandolo da lei.

Il suo cuore batteva furiosamente e non sembrava intenzionato a calmarsi, mentre i suoi occhi verdi si fermavano su quelli di Jonathan, che si rimise in piedi infilandosi le mani nelle tasche dei jeans scuri.

Le sue iridi scure cariche di rabbia non lasciavano quelle di Isabella, e lei si sentì percorrere dall'imbarazzo e dalla vergogna quando si accorse degli occhi sconvolti dei presenti fissi su di loro. Il silenzio regnava nella stanza, come se chiunque avesse interroto qualsiasi cosa stesse facendo per godersi il piccolo spettacolo.

Le piaceva essere baciata da Jonathan, non c'era stata volta in cui non aveva adorato ogni attimo. Ma in quel momento, con l'attenzione di tutti su di loro, in particolar modo su di lei, il suo bacio le sembrava quasi estraneo, un qualcosa per cui provò un grande imbarazzo e disagio.

Poteva vedere la curiosità ed il giudizio riempire gli occhi dei suoi colleghi, ma le fu impossibile distogliere lo sguardo da quello di Jonathan. La guardava, mentre quella possessivita mai vista nelle sue iridi scure la sconvolgeva, turbandola e confondendola.

Fu la suoneria di un telefono a spezzare quel silenzio imbarazzante e teso e, quando vide Jonathan estrarre il suo cellulare dalla tasca dei jeans e osservare lo schermo con un cipiglio profondo, per poi lanciarle un'occhiata indecifrabile e scomparire dal soggiorno con il suo solito passo sicuro di sé, Isabella riprese a respirare come se avesse trattenuto il fiato fino a quel momento.

Sollevò la testa dalle sue dita che tremavano leggermente, ed evitò di guardare i fiori posati sulle sue gambe o il ragazzo seduto accanto a lei.

Incontrare gli occhi dei volontari, che avevano ripreso le loro attività fingendo di non aver appena assistito ad un bacio tra le due persone che mai si sarebbero aspettati di vedere insieme, fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Si sollevò dal divano, mettendosi in piedi sulle sue gambe leggermente instabili e facendo cadere a terra il mazzo di rose e, senza degnare nessuno di uno sguardo, si allontanò velocemente dal soggiorno, ignorando, per quanto la sua mente le permetteva, gli sguardi affilati che le bucavano la schiena come centinaia di aghi affilati.

Le sembrò di tornare indietro con gli anni, a quando con vergogna e imbarazzo metteva piede fuori dalla porta della casa di suoi genitori. Con la testa bassa, le mani infilate nelle tasche della felpa scura con il cappuccio tirato in testa, a coprire la sua folta criniera di capelli scuri, e gli occhi fissi sulle sue gambe che si muovevano scaltre.

Le sembrava di esser tornata a vivere in quel piccolo paesino, dove non esisteva persona che non la conoscesse. Era divenuta il passatempo preferito di ogni abitante, il divertimento più prelibato, la vittima più succulenta per i loro sussurri infidi e cattivi e l'argomento più discusso durante i brunch della domenica.

Posò il palmo contro il corrimano delle scale, stringendo le dita attorno ad esso come se temesse di non poter fare un'altro passo senza inciampare sui suoi piedi pesanti.

Sentiva il cuore pesante dai vecchi ricordi e dalle brutte sensazioni che erano tornate a galla, mentre saliva a poco a poco ogni gradino. La rabbia fremeva nelle sue vene, mescolandosi al suo sangue e raggiungendo ogni nervo del suo corpo.

Non si curò di spalancare con forza la porta, tanto da farla sbattere contro la parete, e nemmeno della chiamata, molto probabilmente importante, in cui Jonathan era immerso. Quest'ultimo, voltandosi di scatto verso di lei, indurì il suo sguardo e la fissò, mentre Isabella sbatteva la porta alle sue spalle  provocando così un forte baccano.

Perso Senza Di TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora