49."Paura del caos"

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Passandosi una mano tra i capelli, ancora bagnati per la doccia fatta solo mezz'ora prima, sospirò profondamente prima di chiudere il suo mcbook, su cui era proiettato il PowerPoint che, il giorno dopo, avrebbe dovuto presentare ai suoi dipendenti.

I suoi occhi corsero verso la porta, ancora chiusa dopo che lei era uscita da più di venti minuti, e il pensiero del suo volto adombrato da un'oscura emozione gli piombò nuovamente in mente. Aveva imparato, nel tempo e nei mesi precedenti, a riconoscere le sue espressioni.

Arricciava le labbra quando era infastidita, si accigliava in continuazione mentre lavorava al suo computer, si toccava la punta del naso quando era a disagio e si toccava il collo ogni qualvolta era imbarazzata.

L'espressione d'angoscia che aveva nel volto, non appena le era giunta quella chiamata, faceva suonare un campanello d'allarme nella mente di Jonathan. Per questo, senza pensarci una seconda volta, si alzò in piedi e lasciò la sua stanza, diretto al piano inferiore della villetta.

Scese le scale, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloncini sportivi che indossava, ed i suoi piedi si bloccarono sull'ultimo gradino quando i suoi occhi si posarono sulle figure femminili, in piedi davanti ad una delle porte presenti lungo il corridoio.

Si avvicinò, attirando l'attenzione della ragazza con il caschetto castano, l'amica di Isabella, e rimase sorpreso quando la vide incamminarsi verso di lui.

<<Jonathan...la porta del bagno è bloccata e credo che sia lì dentro...>> ansimò, scandendo le parole talmente velocemente che lui a stento comprese le sue parole. Ma non necessitava di altro, per comprendere ciò che intendeva: gli bastava la sua espressione esasperata per superare la ragazza minuta e avvicinarsi alla porta dove, un'altra delle volontarie, bussava contro il legno, appoggiandovi contro l'orecchio.

<<Nessun suono>> sussurrò, allontanandosi non appena Jonathan afferrò la maniglia, girandola invano, visto la serratura bloccata.

<<Isabella...>> mormorò, bussando con energia e appoggiando l'orecchio, sperando di poter sentire anche solo un suono all'interno del bagno.

Ruotò nuovamente la maniglia, con rabbia, e colpì il pugno contro la porta, pregando che magicamente essa venisse aperta e che il viso dolce della sua Isabella comparisse davanti a lui. Ma quando il silenzio continuo ad alleggiare all'interno della stanza, l'angoscia, un'emozione che solo rare volte aveva percepito, implose nel suo corpo e in ogni suo nervo.

La sua spalla si scontrò violentemente contro il legno duro della porta, una volta, due, tre e quattro e, nemmeno mentre si fermava per quei pochi secondi, per poter caricare la propria forza sui suoi colpi, riuscì a sentire un solo rumore che potesse assicurarli che lei stesse bene.

La voce del suo migliore amico, e quella confusa degli altri volontari, gli arrivò alle orecchie in un suono attutito. Riusciva solo a sentire il battito furioso del suo cuore che rimbombava contro il suo petto, spinto dal terrore che mai avrebbe pensato di poter provare.

Il sudore gli imperlava la fronte, e quando il suo corpo si scontrò per l'ennesima volta contro la porta, ed essa si spalancò scontrandosi violentemente contro il muro, per la prima volta nella sua vita gli sembrò che il suo cuore fosse sul punto di fermarsi.

Non aveva mai provato quell'emozione così carnale da contorcergli le viscere e le budella, e mai nella sua vita aveva pensato di poter provare quel genere di paura e preoccupazione per una donna che non fosse sua madre o le sue sorelle.

L'ossigeno scomparve dai suoi polmoni, che si strinsero privi d'aria, e la sua mente si offuscò non appena i suoi occhi si posarono sul vetro a terra e sullo specchio distrutto, per poi spostarsi sulla figura minuta seduta sul coperchio del water.

Perso Senza Di TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora