28. "Confusione"

24.5K 783 175
                                    

<<Che bastardo!>> sbottò Sam, spalancando bocca e occhi in un espressione sconvolta.

Isabella, alzando le spalle, incrociò le braccia appoggiandosi al davanzale della finestra.

Le sue orecchie si riempivano delle risate dei bambini e i suoi occhi verdi si addolcivano osservandoli correre, saltare e divertirsi nel giardino che i volontari avevano reso come nuovo.

<<Gli avrei, come minimo, tirato un pugno in faccia!>> disse Sam, la voce carica di irritazione.

Isabella, sospirando, sorrise alla reazione della sua amica. Infondo, se lo aspettava.

<<Perché hai aspettato così tanto per dirmelo?>> domandò la sua amica, facendole arricciare le labbra divertita.

<<Sono giorni che non fai altro che parlare del tuo Diego! Come faccio a raccontartelo?>> affermò Isabella, spingendola scherzosamente mentre i suoi occhi, senza volerlo, tornavano a posarsi sull'uomo che le rubava i pensieri da ormai giorni. L'uomo che, con il suo silenzio, i suoi occhi severi e la sua indifferenza, la faceva, inconsapevolmente, soffrire.

Si sentì percorrere da un brivido appena vide le sue braccia forti e toniche alzare uno dei bambini piccoli appena caduto a terra e si morse le labbra arrabbiata per l'effetto che le faceva.

Perché, nonostante volesse odiarlo come faceva con la maggior parte degli essere umani di sesso maschile, non ci riusciva. Forse erano i suoi occhi marroni scuri che si addolcirono quando Jonathan si mise a controllare il ginocchio del bambino; forse erano i suoi capelli, anch'essi scuri e spettinati; forse erano le sue labbra che, giorni fa, aveva baciato per l'ultima volta. O forse era lui, tutto l'insieme di caratteristiche che andavano a formare Jonathan Thompson.

L'uomo più attraente e particolare che Isabella avesse mai conosciuto.

Lei ci provava a ignorarlo, a dimenticare le sensazioni che aveva provato con lui, ma non ci riusciva. Per la prima volta, Isabella, si ritrovava a desiderare un uomo. Un uomo che anche lui la volesse.

<<Gli uomini ricchi come lui, sono sempre gli stessi>> sbottò Sam, sedendosi sul davanzale della finestra con un cipiglio arrabbiato sul viso.

<<E poi, si prende pure il diritto di sgridarti perché sei andata a fare una passeggiata da sola>> continuò, spalancando le braccia.

Arricciando le labbra, Isabella si voltò allontanandosi dalla finestra e quindi distogliendo gli occhi da lui. Fece lo slalom tra i banchi di legno dove i disegni dei bambini era stati lasciati, per poi avvicinarsi alle borse sistemate sopra un tavolo infondo alla, grande e spaziosa, stanza.

Prese il kit pronto soccorso per poi, sotto lo sguardo curioso della sua amica, uscire dall'edificio.

Scese gli scalini che portavano al giardino anteriore dove erano parcheggiate la jeep e il mini bus per poi svoltare verso l'ala postetiore della struttura e avvicinarsi ai bambini e ai suoi compagni, intenti a giocare.

Nonostante i piccoli bimbi che la salutarono incitandola a partecipare ai loro giochi, la sua attenzione si soffermò sul bambino seduto sulla panchina e sull'uomo alto e dalle spalle ampie inginocchiato davanti a lui.

<<Ti fa male?>>sentì la voce rauca e profonda di Jonathan quando gli fu accanto.

Le bastò quello per farla rabbrividire e contrarre lo stomaco in una morsa stretta ma pur sempre piacevole.

Gli occhi scuri e pieni di lacrime del bambino si posarono su Isabella che distolse l'attenzione da Jonathan e si sentì pervadere da un'ondata di tenerezza.

Perso Senza Di TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora