67."Isabella, ti presento..."

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<<Mi ha scritto una semplice email, in cui mi avvisava che non sarebbe venuto a lavoro per tutta la settimana, e che pretendeva di essere pagato lo stesso>> disse Jonathan, muovendosi tta i fornelli come un vero esperto di cucina, mentre parlava con Isabella che, aiutandolo nelle minime cose, ascoltava distratta le sue parole.

Aveva cercato più volte di concentrarsi su di lui, e ciò che le stava dicendo, ma era troppo distratta a pensare a Natasha, alla casa-famiglia, da quando erano tornati all'appartamento di Jonathan, dopo aver passato l'intero pomeriggio con i bambini.

La sua mente non riusciva a smettere di pensare a che fine avrebbero fatto quei bimbi, semmai la casa-famiglia venisse persa. Avrebbe voluto trovare una soluzione, o anche solo qualcosa che potesse posticipare il peggio, ma non aveva la più pallida idea di come muoversi, e a chi chiedere aiuto.

L'idea di parlarne con Jonathan, e farsi dare una mano da lui le aveva sfiorato la mente più volte, ma non aveva il coraggio per chiederglielo o anche solo accennare all'argomento.

Temeva che potesse pensare che Isabella puntava solo al suo colmo portafoglio, e a ciò che avrebbe potuto ottenere da lui.

<<Non posso nemmeno arrabbiarmi, dopotutto. È partito con me, e non ha visto la sua ragazza per mesi>> diceva Jonathan, tagliando alcuni pezzi di cipolle, che poi gettò nella pentola e lasciò soffriggere con un filo d'olio.

<<È un bravo amico, Nathan>> borbottò Isabella, annuendo, mentre tagliava la pagnotta di pane in fette, cercando di non colpire le sue dita.

Forse avrebbe potuto dirglielo, raccontargli della situazione, e magari chiedergli consigli su come potersi rimboccare le maniche, sopratutto dopo la sua ultima conversazione con Natasha.

Poco prima di salutare la sua amica, quest'ultima le disse qualcosa su come avrebbe fatto di tutto per tenere a galla quella casa famiglia, e la sua determinazioni e tenacia quasi preoccupò Isabella.
Non voleva che Natasha si creasse problemi, per cercare di salvare lo stabilimento.

Non si era resa conto del silenzio di Jonathan, e nemmeno del fatto che si era avvicinato a lei. Solo quando le cinse la vita da dietro, e facendola sussultare lievemente, si rese conto della sua presenza inconfondibile e del suo petto che le premeva contro la schiena.

<<Che succede?>> sussurrò, allungando la mano per toglierle il coltello, che stringeva ancora tra le dita, mentre la sua barba le pizzicava la guancia e la fragranza forte della sua colonia le indondava l'olfatto.

Lo invidiava, molto, perché anche dopo un intero pomeriggio che avevano passato sotto al sole, a giocare e correre con i bambini, lui sembrava ancora fresco e profumato, come se fosse appena uscito da una doccia rigenerante.

Lei, invece, si era tolta i tacchi che aveva dovuto indossare, e gironzolava scalza, si era raccolta i capelli con una molletta che aveva scovato nella sua borsetta, ed era certa di avere del mascara, gentilmente rubato dalla sorella si Jonathan, sbavato sotto gli occhi.

<<Niente di particolare. Sono solo stanca, e stare sotto al sole tutto il pomeriggio mi ha provocato mal di testa>> rispose Isabella, alzando le spalle con non chalance, e guardando il ripiano di quarzo dell'Isola, mentre le sue dita riordinavano distrattamente le briciole del pane che stava tagliando.

<<Puoi dirmi tutto, lo sai?>> mormorò Jonathan, chinandosi ancor di più su di lei, e lasciando che le sue labbra le accarezzassero la guancia e lo zigomo.

Isabella socchiuse le labbra, e fu sul punto di lasciar andare qualsiasi cosa le stesse tartassando la mente.

Avrebbe chiesto aiuto a lui, o meglio un favore. Per il bene della casa-famiglia, di quei bambini e di Natasha, che sembrava davvero sul punto di far di tutto per salvare quel posto, persino fare affari con persone poco raccomandabili.

Perso Senza Di TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora