15."Gelo"

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"La paura ci paralizza. Il coraggio, invece, ci rende liberi"
Luca D'Elia

Il respiro corto e il cuore galoppava nel petto mentre il corpo furioso, agitato e tormentato, si dimenava sotto al lenzuolo chiaro che usava per coprirsi durante la notte.

La gola serrata da una mano forte, ruvida e dalle nocche distrutte e sbucciate, da cui zampillavano piccole goccioline di sangue, le bloccava ogni singolo respiro. Ogni singola briciola d'ossigeno e di anima.

Stringeva sempre più forte, sentiva quelle dita premerle sulle vene gonfie e affaticate, mentre i suoi ultimi ansimi uscivano strozzati.

I suoi occhi verdi spalancati, gonfi e pieni di lacrime osservavano il cielo più limpido che avesse mai visto nella sua vita, mentre la voce soave di sua madre, mischiata a quella del suo adorato papà, le riempiva le orecchie comprendo quei disumani versi strozzati che uscivano dalle sue labbra, fredde e screpolate.

Vide il sole fare capolino dall'unica nuvola grigia presente in quella distesa di turchese e un sorriso le increspò le labbra.

I suoi muscoli si rilassarono sotto a quel peso asfissiante e, lentamente e con agonia, le braccia con cui cercava di prendersi l'ossigeno di cui aveva bisogno, iniziarono a cedere posandosi lungo il suo corpo inerme.

Avrebbe voluto urlare e ribellarsi ma il suo corpo, ormai stanco, si stava arrendendo sotto a quella tortura e violenza.

I suoi occhi si spalancarono di scatto e il suo corpo, come colpito da da un violento secchio d'acqua, rimbalzò in avanti.

I capelli sudati le scivolarono sul viso bagnato mentre il petto bruciava e le mani tremavano.

Gli ansimi confusi uscivano dalle sue labbra umide e socchiuse, in cerca d'aria.

Respirava in modo affannato bisognosa d'ossigeno senza trovarlo, si grattava il collo con forza, incurante delle sue unghie che si infilzavano nella pelle morbida e, l'urlo acuto che lottava per uscire, continuava a rimanere bloccato.

Si tolse il lenzuolo dal corpo tremante e, barcollando e, posando i piedi sul pavimento freddo, le sue ginocchia, fatte ormai di gelatina, cedettero scaraventandola a terra.

Volevo solo muoversi e urlare a squarciagola, impaurita e terrorizzata, mentre i suoi occhi verdi si guardavano attorno, nel buio in cui era immersa la stanza, spaventati.

Sentiva le lacrime solleticarle le guance e il naso, per poi perdersi lungo la curva del collo graffiato.

Piangeva silenziosamente con il cuore, affaticato, che batteva contro lo sterno. Si arrampicava sul comodino per potersi rimettere in piedi sulle sue gambe, molli e tremanti come foglie d'autunno.

Ossigeno.

Aveva solo bisogno d'ossigeno. Lo cercava come un senza tetto cerca il cibo e come uno smarrito nel deserto cerca la sua oasi.

Si trascinò, tremando, verso la porta della stanza per poi aprirla lentamente.

Sentiva freddo nelle braccia spoglie e lungo le gambe nude, coperte solo da un pantaloncino, mentre percorreva il corridoio buio tenendosi al muro e trattenendo i singhiozzi e i battiti folli dell'organo, rumoroso, nel petto.

Il terrore la percuoteva da capo a piedi, la travolgeva e la piegava come un pezzo di carta.

La mangiucchiava in piccoli morsi letali e si cibava di lei, riducendola in uno straccio per poi godersi lo spettacolo più straziante.

Si chiuse la porta del bagno a chiave, per poi togliersi la maglietta e avvicinarsi al lavabo in ceramica.

Strinse le dita attorno a lui, aggrappandosi con tutte le sue forze a quell'oggetto stabile mentre osservava il suo riflesso, ripugnante, nello specchio.

Perso Senza Di TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora