30. "Mi dispiace..."

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<<Samuel, puoi, perfavore, togliere il vivavoce? Ascoltarvi tutti e tre contemporaneamente è senza dubbio una tortura>> affermò Jonathan, ruotando gli occhi al cielo e infilandosi una mano nella tasca dei pantaloncini neri e corti.

Le risate dei suoi fratelli gli giunsero alle orecchie facendolo sospirare per l'ennesima volta dall'inizio di quella chiamata.

<< Che farai sta sera fratellone? Guarderai le stelle e immaginerai di essere circondato da donne sexy in una sala vip del tuo club preferito?>> domandò, quella che di certo era la voce di Mason, il suo fratello più piccolo e il peggior combina guai della famiglia Thompson.

<<Secondo me passerà questo venerdì sera a lavorare tra i suoi fogli bianchi scarabocchiati>> ridacchiò, invece, Anthony, facendo sospirare divertito Jonathan.

Gli mancava passare il tempo con i suoi fratelli, sgridarli come un padre, nonostante non fosse il fratello più grande, e sfotterli come loro facevano con lui.

<<Vi avviso già che, tornato a Chicago, non voglio occuparmi di donne messe incinte da voi mentre eravate ubriachi.>>

<<Anthony, mi raccomando, non pisciare di nuovo nel parcheggio della discoteca mentre sei ubriaco>> affermò Jonathan, causando le risate fragorose dei suoi fratelli.

<<E Mason, spero tu abbia smesso di fingerti un uomo di ventotanni per riuscire ad andare a letto con donne più grandi di te. Ti tengo d'occhio>> borbottò esasperato, dai continui guai dei suoi fratelli.

<<Samuel, per favore, se hai intenzione di ubriacarti, evita di mandare messaggi sconci ai nostri genitori. Non è molto elegante>> concluse, udendo le risate incessanti dei tre ragazzi dall'altra parte del telefono e a migliaia di chilometri da lui.

<<Dopo queste raccomandazioni, ti salutiamo fratellone! Donne sexy ci stanno aspettando>> urlò Anthony e, in sottofondo, Jonathan sentì le ruote della Camaro stridere in modo da attirare su di sé le attenzioni a cui suo fratello puntava.

<<Non voglio articoli di giornale con le vostre facce ubriache, domani mattina>> affermò Jonathan.

<< Arrivederci fratellone! Goditi il tuo week-end e non fare sesso con nessuna volontaria>>

Quella, fu l'ultima esclamazione da parte dei suoi fratelli prima che la chiamata venisse terminata.

Jonathan, infilandosi il telefono il tasca, sospirò pesantemente.

Perché, per quanto non lo volesse, il suo chiodo fisso tornò a tartassarlo.

Era riuscito a non pensarla solo per quei venti minuti in cui aveva parlato con i suoi fratelli, ma poi, gli era bastata l'affermazione di Mason per fargliela tornare in mente, più prepotentemente che mai.

Sospirando, ed osservando il buio calato già da un po', Jonathan si voltò verso le finestre della casa a cui stava dando le spalle. Riuscì a scorgere i volontari cenare in modo tranquillo, e tornò a guardare il giardino illuminato.

Aveva un grosso masso pesante sulla bocca dello stomaco che gli impediva di concentrarsi su altro.

Un peso fatto di preoccupazione per una donna che lo mandava fuori di testa e che, a quell'ora, non era ancora rientrata a casa dalla sua dannata passeggiata.

Proprio quando decise di rientrare in casa, sentì la porta d'ingresso aprirsi e poi rinchiudersi, segno che qualcuno era appena arrivato e lui, silenziosamente, sperò che fosse lei. Non sapeva per quanto tempo avrebbe resistito dall'andare a cercarla e, magari, sgridarla per la sua dannata e frustrante imprudenza.

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