7. "Tachicardia e vertigini"

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Stanca, stordita e con un terribile mal di testa, Isabella camminò dietro al gruppo, trascinando con le poche forze che aveva i suoi bagagli mentre il frastuono, presente in ogni aeroporto, riempiva le sue orecchie peggiorando l'emicrania.

Si era da poco svegliata da un sonnellino di quattro ore ed era stata immediatamente catapultata in un atmosfera, che lei non aveva mai immaginato di osservare con i suoi occhi gonfi e arrossati.

Quello era l'effetto che ben sedici ore di volo le procuravano e di certo non era l'unica a provare quel malessere perché i suoi colleghi, trascinavano le loro valigie in silenzio mentre osservavano, con i loro occhi curiosi, l'ambiente che li circondava.
Persino la sua migliore amica, Sam, era rimasta in silenzio per quasi tutto il tempo mentre recuperavano i bagagli e passavano gli ultimi controlli; i capelli spettinati raccolti in una coda e le guance rosse di chi aveva dormito per ore e ore, dimenticandosi persino del luogo in cui trovava.

<<Va bene ragazzi, Tayson dovrebbe essere qui>> affermò, il giovane ragazzo che faceva parte dello staff dell'Associazione e che li aveva accompagnati durante il viaggio, guidandoli e aiutandoli.

Mentre i suoi colleghi cercavano con lo sguardo il ragazzo in questione che li avrebbe accolti agli arrivi lei, come catapultata il un altro mondo, guardava l'enormità dell'aeroporto Internazionale di Accra, la capitale del Ghana, osservando la modernità che spesso i media non mostravano.

Si osservava attorno scrutando le persone e i turisti salire sulle scale mobili verso il piano superiore dell'edificio, correre verso i gate trascinando i loro bagagli, i bambini che ridevano e piangevano in braccio ai loro genitori, i negozietti affollati di gente che faceva a lotta per accalappiarsi il souvenir più bello e le sue orecchie, da quando era scesa dall'aereo, avevano udito così tante lingue differenti, a lei incomprensibili, che la sua curiosità non faceva altro che crescere.

Solo quando la loro guida, fece cenno verso un ragazzo che indossava la maglietta arancione dello staff e teneva tra le mani il cartello di piccole dimensioni con lo stemma dell'associazione, Sam sembrò risvegliarsi dal suo sonno ad occhi aperti.

<<Le mie mani si stanno per spezzare>> borbottò, camminando accanto a Isabella verso l'uscita dove una folla impressionante di gente attendeva gli arrivati.

<<Benvenuti ad Accra, ragazzi. Io sono Tayson e sono lieto di accogliervi in questo meraviglioso paese!>> affermò il giovane ragazzo dalla pelle scura e la barba piuttosto folta, mentre un enorme sorriso gli increspava le labbra e mostrava i denti perfetti.

<<Grazie, Tayson>> disse Jerald, la loro guida, mentre stringeva in un piccolo abbraccio il suo collega per poi girarsi verso i volontari e fare loro cenno verso l'uscita dell'aeroporto non prima però di aver sistemato tutte le valigie nei carelli, liberando finalmente le loro mani affaticate.

<<Com'è stato il viaggio?>> chiese il giovane ragazzo dalla pelle scura, girandosi e osservando ad uno ad uno i volontari che sembravano aver ripreso vita propria ridacchiando, parlottando e commentando l'ambiente che li circondava.

<<Molto stancante>> affermò Tom, un uomo sui venticinque anni, magrolino e con dei capelli lunghi raccolti un una coda.

<<Abbiamo avuto la sfortunata di fare sei ore di scalo al JFK a New York>> affermò Jerald, passandosi la mano tra i capelli corti ramati.

Un caldo afoso e torrido le colpì il viso appena varcarono le porte scorrevoli dell'aeroporto e lei immediatamente sentii il bisogno dell'aria condizionata dell'edificio alle sue spalle.

Pullman di hotel che attendevano i clienti per scortarli al loro alloggio e taxi che aspettavano i turisti, costeggiavano la strada che indirizzava ai parcheggi pubblici, mentre lungo i marciapiedi addetti al lavoro e viaggiatori camminavano verso l'aeroporto.

Perso Senza Di TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora