38. "Passerei ore a baciarti..."

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Si contorse le dita tra loro mentre un sospiro profondo le sfuggiva dalle labbra, e i suoi occhi scrutavano le figure famigliari sedute nel giardino illuminato, in quella notte buia, dalle luci del portico.

Sentiva il suo battito cardiaco aumentare ad ogni passo che faceva verso la porta finestra, come se fosse sul punto di salire sul palcoscenico più grande del mondo, davanti a milioni e milioni di persone che attendevano, con ansia e trepidazione, ogni suo errore.

Aprendo l'uscio che dava sul giardino, attirò immediatamente l'attenzione di Nathan che, voltando la testa verso di lei, increspò le labbra in un sorrisetto divertito.

Jonathan, invece, seduto sul divanetto le dava la schiena, non si mosse d'un centimetro nonostante sapesse bene chi si stesse, a poco a poco, avvicinando.

Deglutì facendo il giro del divanetto nel momento stesso in cui Nathan si alzò in piedi sovrastandola con la sua altezza. Era senza dubbio più basso di Jonathan ma molto più palestrato; il tipico uomo che passa la sua vita davanti allo specchio della palestra, mentre solleva pesa da mille chili e contempla la bellezza dei suoi bicipiti atletici, pensò Isabella, mentre lo scrutava curiosa.

Eppure, nonostante la faccia da schiaffi che aveva Nathan, dovette ammettere che, in quei giorni, si era comportato in modo simpatico con lei. Le aveva pure, la sera prima mentre usciva dal bagno incrociandolo per caso lungo il corridoio, consigliato di parlare con Jonathan qualsiasi cosa fosse successa tra loro due, specificando poi che sarebbe stata l'ultima volta in cui le avrebbe dato un consiglio.

Isabella, rilasciando un sospiro tremolante, posò l'attenzione su Jonathan che, inclinato verso il tavolino cosparso di fogli e vari documenti, teneva sul volto il solito cipiglio continuando ad ignorarla.

Ed infondo, non lo biasimava e non lo incolpava. La sbagliata, in tutta quella situazione, era lei e il suo passato ingrombrante.

<<Hai bisogno di altro? Perché in caso contrario, ho un appuntamento su Skype che mi attende>> mormorò Nathan, stiracchiandosi e infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni della tuta.

Jonathan afferrando la tazza bianca posata sul tavolino, prese un sorso di quello che Isabella ipotizzò fosse il suo solito e buono tè ai frutti di bosco, e scosse la testa senza mai staccare gli occhi dal foglio tra le sue mani.

Così, Nathan, dopo aver annuito, raccolse alcuni moduli per poi augurare la buonanotte al suo amico e fare un sorriso d'incoraggiamento a Isabella che, con il cuore impazzito, era pronta a scappare e tornare a rifugiarsi sotto le sue coperte.

Dopo che si fu assicurata che l'amico di Jonathan fosse scomparso all'interno della casa, fece un passo avanti sperando anche solo in uno sguardo da parte sua.

Ma lui continuò, indisturbato, a leggere quei dannati fogli.

<<Possiamo parlare?>> domandò, schiarendosi la voce e incrociando le mani dietro alla schiena, per nascondere il loro leggero tremolio.

Muovendo le spalle e facendo contrarre i muscoli, stretti nella maglietta bianca aderente, Jonathan si lasciò sfuggire un pesante sospiro.

<<Ti ascolto, Isabella. Ma non posso restare molto, ho una chiamata importante tra un po'>> affermò, il tono roco e profondo che la fece rabbrividire.

Le piaceva da impazzire la sua voce, riusciva a farle ricoprire il corpo di pelle d'oca, di desiderio e lussuria, e sarebbe stata dannata a non ammettere di aver sentito la mancanza di quel timbro profondo e sensuale.

<<Una chiamata alle undici di notte?>> domandò lei, inclinando la testa di lato e deglutendo tutta l'ansia presente nel suo corpo.

<<Una videoconferenza dal Giappone. Abbiamo una differenza di fuso orario di nove ore. Ora da noi sono le undici, ma lì sono già le otto di mattina>> mormorò lui, con un tono di voce tranquillo e distratto, mentre continuava ad ignorarla.

Perso Senza Di TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora