46."Ciambelle, cupcake e l'alba più bella"

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<<Sono dell'idea che, all'interno di una torta, debba esserci lo stesso quantitativo di crema e pan di Spagna>> mormorò, arricciando le labbra e facendo scorrere le dita lungo la pelle liscia della stomaco di Jonathan, dove lei teneva appoggiata la testa da ormai ore.

Sentì il suo petto vibrare per la risata roca e profonda che lui si lasciò sfuggire, e le sue solite e ormai amiche farfalle svolazzanti le pizzicarono piacevolmente il ventre.

<<Non amo particolarmente i dolci. Ma credo di essere d'accordo con te. È deludente quando la quantità di pan di Spagna è maggiore rispetto alla crema>> affermò, con un tono di voce intriso di divertimento, mentre le sue dita lunghe e affusolate s'infilavano tra le ciocche dei capelli lunghi di Isabella.

<<Parlare di dolci, mi riporta alla mente le ciambelle di Stan's Donuts>> sospirò lei, procurando un'altra risata fragorosa da parte di Jonathan al che, accigliata, sollevò la testa per guardarlo.

Lo osservò, passarsi una mano tra i capelli corti e scompigliati mentre un sorriso gli stendeva le labbra morbide e carnose, e inarcò le sopracciglia.

<<Per qualche strano motivo, mi aspettavo fossi una fanatica delle ciambelle di quella pasticceria>> ghignò, appoggiando il capo contro la testiera del letto e stiracchiando le braccia senza mai staccare i suoi occhi scuri dal volto di Isabella.

<<Scherzi? Sono i migliori di tutta Chicago, in quel campo>> borbottò, tornando a posare la testa sul suo stomaco e rilassandosi quando lui infilò nuovamente una delle sue mani tra i suoi capelli scuri e lunghi.

<<Preferisco i cupcake da Sprinkles. È vicino al mio ufficio e ogni tanto ci faccio un salto per prendere qualche dolciume da offrire durante le cene di famiglia. Un cupcake al cioccolato fondente può essere un ottimo calmante quando hai tre fratelli e quattro sorelle che litigano continuamente>> raccontò, accarezzandole la nuca con tocchi gentili che la portarono a chiudere gli occhi, rilassata dalla sua voce profonda, mentre assorbiva avidamente ogni parola di lui.

<<Le cene di famiglia del venerdì della terza settimana del mese?>> domandò sottovoce, ricordandosi di quando Jonathan ne aveva accennato alcune volte.

<<Proprio quelle. Casa mia diventa così rumorosa tant'è che temo possano cadere le pareti per colpa della risata rumorosa di Jasmin, o degli esulti di Mason quando vince a Monopoly>> rispose, provocandole un dolce sorriso all'affetto che intingeva le parole di Jonathan.

Si era chiesta numerose volte come sarebbe stato avere un fratello o una sorella, ed ogni singola volta si sentiva riempire da una solitudine incolmabile.

Amava con tutto il suo cuore i suoi genitori, che l'avevano cresciuta donandole gentilezza e premura, eppure, nella casa a due piani dove aveva vissuto la sua infanzia, non aveva mai smesso di sentirsi sola tra le pareti colorate della sua stanza. Non riusciva ad impedire alla sua mente di immaginare come sarebbe stato giocare con la propria sorellina, avere qualcuno a cui svelare i propri segreti più profondi ed una spalla su cui piangere durante la prima cotta d'amore.

<<Ti manca? Il tuo lavoro, la tua famiglia, i tuoi amici...>> domandò sottovoce, sollevando la testa per poterlo scorgere aggrottare la fronte in un cipiglio.

<<Mi mancano, molto. E mi manca anche il mio ufficio all'ultimo piano, dove posso guardare la città estendersi per chilometri e chilometri>> mormorò, passandosi una mano sulla barba scura e stendendo le labbra in un piccolo e nostalgico sorriso.

<<Perché hai scelto di partire come volontariato? È una domanda che mi sono fatta molto spesso>> domandò lei, avvicinandosi ed appoggiandosi anche lei alla testiera, finché il braccio di Jonathan non le cinse la vita costringendola ad appoggiare il capo contro la sua spalla.

Perso Senza Di TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora