17. "E lui, che avrebbe fatto?"

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Il sole appena alzato nel cielo, il cinguettio degli uccellini e il venticello fresco di prima mattina, la fecero sospirare rilassata.

Non si sentiva così da un tempo indefinito.

Era come galleggiare in una nuvola soffice priva di stress e timori.

Si alzò dopo aver innaffiato l'ultima pianta per poi sedersi nei divanetti in giardino.

Era ancora presto, appena le sei di mattina. Nessun dei suoi colleghi era sveglio a quell'ora, e lei poteva godersi quella pace silenziosa.

La notte, non aveva chiuso occhio. Era stato un continuo girarsi e rigirarsi nel letto, stendersi e guardare il soffitto o la finestra della sua sranza.

Le sue dita sottili e morbide avevano continuato a toccare, in modo leggero, le sue labbra gonfie e doloranti.

La sua mente fusa e priva di neuroni, aveva continuato a ripensare a quei baci prepotenti e bisognosi e alle loro bocche incapaci di staccarsi.

Poteva, a occhi aperti, risentire le mani di Jonathan sul suo corpo.

Il modo in cui, con una dolcezza disarmante, mista al bisogno carnale prepotente, l'aveva stretta a sé accarezzandola e tastando ogni centimetro.

Poteva risentire le sue mani grandi tra i capelli mentre le inclinava la testa di lato per approfondire i loro baci. Riusciva, in quello splendido mattino, a udire i loro gemiti e gli schiocchi delle loro labbra affamate.

Sospirando, si portò le ginocchia al petto posando su di esse il mento. Lo sguardo distratto posato sull'erba finta del giardino, lo stomaco in subbuglio e il cuore sospeso nel petto.

Come farò a dimenticare ciò che è successo ieri sera? Si chiese, accarezzandosi le braccia nude.

Dove ci saremmo spinti, se non fossero state scaraventate a terra le posate? Continuò a domandarsi, ricordandosi il momento in cui Jonathan, spingedola contro i ripiani della cucina, aveva buttato a terra alcune forchette posate accanto al lavandino.

Causando un rumoroso suono all'impatto con il pavimento, si erano staccati velocemente temendo che qualcuno si potesse svegliare nel bel mezzo della notte e scoprirli avvinghiati in cucina.

L'imbarazzo l'aveva avvolta come una seconda pelle sotto allo sguardo annebbiato di lui.

L'aveva accompagnata alla sua stanza e, mentre lei lo salutava con un lieve "buonanotte", Jonathan si era chinato verso di lei, posandole un piccolo bacio a stampo sulle labbra.

Si era poi scostato e infilato la mani nelle tasche, osservandola varcare la porta e chiudersela dietro.

Sentendo un brivido lungo la schiena al sol ricordo della notte passata, abbassò le palpebre sospirando.

Non aveva idea di come comportarsi quella mattina. Si sentiva solo imbarazzata come una piccola bambina che aveva appena baciato il suo compagno di classe, per il quale aveva una cotta segreta.

Doveva ignorarlo? Fare finta di niente?

E lui, che avrebbe fatto?

~~~~~~

Girando in modo distratto l'impasto dei pancake, parlottava di tanto in tanto con Marcus, intento a preparare il caffè.

<<Sembri di buon umore oggi>> affermò il ragazzo, aprendo il frigorifero.

<<Quando mai non lo sono?>> sorrise Isabella, versando un cucchiaio d'impasto denso nella pentola per le crepè.

<<Da quanto tempo ci conosciamo? Due anni? Due anni e mezzo?>> domandò Marcus, sistemando sul tavolo il burro e i vari gusti di marmellata.

Perso Senza Di TeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora