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CAPITOLO QUARANTUNO
«Quindi non posso tornare biondo?»

Era passata ancora un altra settimana e l'aria nella casa non era particolarmente cambiata. Quella mattina Jisung si era svegliato presto, per la prima volta il dolore alle spalle era assente, quindi si sentiva rilassato. Dopo tanto tempo aveva finalmente dormito bene.

Si stiracchiò, udendo come qualche suono ovattato, proveniente dalle ossa che si sistemavano, rompesse il silenzio nella stanza. Non aveva ancora voglia di vestirsi, nonostante fosse un giovedì, la squadra non aveva attività programmate per quel giorno.

Indossò solo le ciabatte, era già coperto dal suo pigiama nero pece, che contrastava il colore pallido della pelle, poi decise di uscire dalla camera.

Proprio nel momento in cui aprì la porta, anche Jeno stava uscendo dalla sua stanza: gli sembrò un dejà-vu.

Il blu era tornato a dormire in camera sua dopo aver insistito e pregato in ginocchio Renjun, che glielo consentì solo a patto che lui non avesse più pianto e avesse cominciato ad allenarsi costantemente e correttamente.

Jisung lo aveva controllato spesso e, per sua felicità, Jeno sembrava più vivace e la notte lo aveva beccato spesso a dormire abbracciando Jaemin. Aveva smesso di piangere ed era solare come prima. La squadra stava quasi tornando alla normalità.

Tutto ad eccezione del capo. La situazione fra lui e Jeno si stava ribaltando: adesso era il demone che piangeva la notte. Jisung era stato forte per troppo tempo, adesso la sua facciata monotona si stava lentamente sgretolando.

Ma non avrebbe permesso a nessuno di scoprirlo.

Jeno lo squadrò con occhio confuso, prima di borbottare un saluto poco convinto. "Carini" si complimentò, prima di andarsene in cucina. Jisung sollevò il sopracciglio perplesso. A che si riferiva? Pensò.

Il capo scrollò le spalle, poi seguì l'amico, accomodandosi accanto a lui sul tavolo. Pochi attimi dopo arrivò anche Chenle. "Joy?" domandò, notando l'assenza della cuoca di quella mattina.

Con quella domanda il cinese attirò l'attenzione dei due amici che lo osservarono con un sopracciglio inarcato. Chenle si voltò finalmente per guardare i due compagni e, anche a lui come Jeno, l'occhio gli cadde proprio sul suo capo.

Sia il cinese che Jisung si stavano fissando, prima di scoppiare in una risata divertita. Il blu era confuso, ma scrollò le spalle, aspettando che anche l'invisio prendesse posto.

"Siete proprio degli stronzi" cominciò l'umano. "Potevate portarci anche me... insomma, se me lo aveste chiesto sarei venuto anche io, guardate qua che ricrescita orrenda ho..." borbottò, offeso dai suoi due amici.

I minori rimasero perplessi e confusi. "Che intendi?" domandò il capo. "Nulla, non fa nulla"

"Comunque sia non credevo saresti voluto tornare al tuo colore naturale" continuò il blu, guardando negli occhi il minore di tutti. "Già neanche io lo pensavo" mormorò Chenle, sorpreso.

"Anche tu Chenle, il tuo è un colore chiaro, ma ti sta piuttosto bene" i due demoni cercarono di realizzare le parole dell'amico e, quando ci riuscirono, entrambi sgranarono gli occhi. "C-Che vuoi dire colore naturale?" balbettò Jisung, toccandosi i capelli.

Jeno inarcò un sopracciglio, adesso era lui quello perplesso. Vide i due minori cercare freneticamente il cellulare, per poi specchiarcisi ed osservare la nuova tinta. "N-No non è possibile, io non ci sono andato dal parrucchiere!" esclamò Chenle, drammaticamente.

PRISONER [The ONEIRATAXIA series]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora