64

91 10 43
                                    

CAPITOLO SESSANTAQUATTRO
«Punto dolente eh, Park?»

L'estate era da poco arrivata e, con lei, non mancò il clima umido e caldo. Tuttavia quella notte si era rivelata una delle più fredde.
Sujin camminava lungo le strade vuote, ma piene di macerie; il panorama silenzioso che la circondava era triste: edifici distrutti, corpi polverosi e pieni di sangue adornavano le strade, l'odore nauseabondo del veleno viola dei proiettili di Taeyong e le frecce dei soldati di Jaehyun ormai erano dispersi ovunque.

I suoi passi echeggiavano nella notte, la pistola a proiettili di piombo stretta nella sua mano destra mentre raggiungeva - con passo costante e attento - il luogo stabilito da Kim Doyoung, il cimitero distrettuale di Est.

Sia Bora che suo fratello erano entrambi nati nella fazione dei Park, proprio per questo la ragazza era stata - per come aveva deciso la legge - sepolta ad Est.

Si fidava di lui? Non lo sapeva. Il suo - dopo l'arrivo di Jisung - era davvero considerato un capitolo chiuso. Ma Doyoung meritava di sapere. Doveva conoscer il reale motivo della morte di sua sorella Bora e, soprattutto, il suo attentatore.
O meglio dire, i suoi.

Huang Sujin si riteneva responsabile della sua scomparsa tanto quanto Jaehyun.

Pensava e ripensava alla possibile reazione del ragazzo alla notizia, riflettendo su ogni possibilità concreta, ma arrivando ad una sola ed unica conclusione: l'avrebbe perdonata.
Sujin era certa che il vampiro avrebbe compreso il suo gesto e nessuna parte di lei riteneva possibile una reazione differente e più tragica come la vendetta.

In mezz'ora aveva colpito ed ucciso due vampiri, sorveglianti della piazza – e ormai dell'intera città - dimostrando come i paletti di legno non fossero le armi perfette solo nelle leggende che li riguardava.

Si rifiutava di minacciare i vampiri che incontrava per la sua via, cercando informazioni su quale fosse il posto dove Taeyong teneva prigioniero il suo stesso fratello, sicuramente torturandolo in attesa che Renjun rivelasse la posizione dell'Ametista. Se ancora il vampiro non si era avvicinato a Chaerin, allora Huang Renjun non aveva parlato.
E non lo avrebbe mai fatto.

Sujin era determinata a trovare Jisung prima del suo stesso padre.

Arrivò al cimitero vuoto e buio, illuminato dai raggi della Luna piena alta in cielo, calpestando con i piedi la consistenza morbida del prato e camminando fra le numerose lapidi in cerca di quella dell'amica. Conosceva perfettamente la sua locazione, l'aveva visitata spesso, ottenendo dal suo gestore di lavoro i permessi necessari per superare le guardie e visitare il cimitero di Est.

I suoi occhi si colorarono dell'azzurro elettrico che caratterizzava la sua razza di demone: cercava di intercettare la presenza del vampiro. Si concentrò fino a che non capì che il luogo era davvero vuoto: Doyoung non era presente.

Il suo sesto senso le parlava.
Scappa. Corri. Va via.
Diceva invano. Sujin si rifiutò di ascoltare le sue lamentele, si fidava di quel bigliettino firmato da Doyoung.

Alla voce familiare se ne sovrapposero altre due, entrambi femminili, giovani, sconosciute ma allo stesso tempo così familiari.
Sujin.
La chiamavano nella mente. La ragazza si bloccò sui suoi stessi passi, rimanendo in attesa, aspettando che le due donne le parlassero nuovamente, ma non accadde.

Sujin scrollò le spalle e si mosse. Un unico passo prima che parlassero di nuovo, questa volta non limitandosi solo alle parole. La ragazza percepì una fortissima energia davanti a se, come un muro che la tratteneva dal muoversi più avanti.
Aspetta!

PRISONER [The ONEIRATAXIA series]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora