『
CAPITOLO VENTINOVE
«Forza, uccidilo»』
Nei giorni successivi, dopo gli eventi accaduti, nessuno aveva più parlato con nessuno: non mangiavano più tutti insieme, ma singolarmente ad eccezione di Jeno che, ogni tanto, si univa a qualcuno per non essere solo; anche gli allenamenti funzionavano come i pasti.
Renjun e Chenle si ignoravano e avevano smesso di dormire assieme; anche Jisung e Sujin non si parlavano: lei era troppo timida per affrontare un qualsiasi argomento con il maggiore, mentre lui era ancora ferito per l'accaduto con Jaemin.
Lei dormiva sul divano e si faceva vedere raramente a mangiare o a passare del tempo in casa, poiché spendeva la maggior parte della sua giornata ad allenarsi nei piani inferiori.
C'era clima di tensione in tutto l'edificio.
Quel giorno Jeno si ritenne fortunato: appena entrò nella sala principale trovò Renjun che si cucinava il pranzo, Chenle che guardava la televisione, tranquillo, seduto sul divano e Sujin che aveva terminato il suo allenamento in anticipo ed era salita per fare una doccia.
Anche Jaemin e Jisung stavano entrando nella stanza da due corridoi opposti e, quando si videro, non si dimenticarono di fulminarsi con lo sguardo a vicenda.
Jeno sospirò. "Si può sapere che cazzo sta succedendo?" gridò, stanco, creando il silenzio improvviso nella stanza.
Tutti si fermarono, ma non volò una mosca: nessuno osò fare la prima mossa. "Ho cose più importanti da fare adesso" disse Jisung, decidendosi di rigirarsi per dirigersi verso l'ufficio.
"Scoparsi Sujin non mi sembra prioritario" ringhiò Jaemin, ironico. Il biondo strinse i pugni, mentre la castana deglutì, a disagio.
"Basta-" mormorò lei, ma Jaemin la interruppe. "Sta zitta" ordinò Jaemin, irato, sicuramente, per il marchio fresco che la corvina aveva sul collo.
"Non osare, Na" lo riprese Renjun, partendo sulla difensiva.
Chenle era l'unico che non aprì bocca, ma si decise a mormorare per sé qualcosa. "Avrei dovuto ucciderti" disse anche se gli altri lo sentirono.
"Adesso smettetela!" gridò Jeno, ricevendo l'attenzione totale dagli altri. "Nessuno si muoverà da qui fino a che non avrete spiegato che diavolo sta succedendo" ordinò.
Jisung sospirò, dando ragione all'assistente: dovevano chiarire.
"Chenle è un Invisio" disse Jaemin, in un ringhio, ricordando perfettamente come il minore lo aveva stordito.
Il capo fu sorpreso quando notò che né Sujin né Jeno avevano avuto una reazione particolare. Sospirò ancora. "Da quanto lo sapevate?" domandò, anche se il tono che aveva utilizzato somigliava di più a quello di un ordine.
I due deglutirono. "Dal giorno in cui sono arrivata. L'ho spaventato e si è reso invisibile" iniziò la ragazza con tono basso. "Se non ci fosse stato Chenle, Renjun sarebbe morto sotto le macerie. E' stato lui a salvarlo e da lì l'ho scoperto" spiegò invece l'assistente.
L'argentato deglutì: aveva gli occhi lucidi, era così grato al fidanzato per averlo salvato, quindi si voltò verso il minore ed i due si guardarono dritti negli occhi per qualche secondo.
"Adesso si spiega come i vampiri abbiano riconosciuto il suo odore" borbottò il capo. "E Sujin? Che c'entra con Renjun e Chenle" quando Jisung pose quella domanda, le orecchie di Jeno si aguzzarono: era curioso di conoscere la risposta.
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PRISONER [The ONEIRATAXIA series]
Fanfiction❁ཻུ۪۪A PARK JISUNG FANFICTION❁ཻུ۪۪ ❝non credo di averti detto che ho accettato la proposta di unirmi al tuo gruppetto❞ ❝allora credo proprio che dovrò ucciderti❞ Alla fine Jisung era pur sempre un leader, un demone nero. Provare dei sentimenti non...