『
CAPITOLO TRENTASEI
«Colpiscimi»』
Tre giorni erano volati per Jisung. Le cose non erano cambiate affatto in quel breve lasso di tempo: Jaemin continuava a trovarsi in uno stato di incoscienza e sonno profondo; oltre ai pianti silenziosi che Jeno cercava di nascondere ogni notte, sentiva la potenza della superluna infastidire il suo corpo.
Aveva paura, era terrorizzato dalla morte che sarebbe potuta arrivare se l'ibrido suo miglior sicario non si fosse svegliato.
Percepiva fitte lievi colpirgli la schiena, le spalle, ma nulla era comparabile al dolore della solitudine, alla tristezza che provava ogni giorno da quando Sujin se n'era andata.
Era quasi errato dire che suo fratello Dejun l'avesse rapita, poiché, in fondo, lei aveva deciso di seguirlo, rassicurando la sua anima gemella con uno sguardo sofferente, ma accompagnato da un tenero sorriso.
Jisung si era fidato di quegli occhi lucidi; forse se ne era pentito, chi lo sa, fatto stava che sentiva la sua mancanza. Dormire da solo era diventato difficile per lui: svegliarsi e trovare il vuoto accanto, invece che il corpo addormentato della propria donna.
Con un sospiro tremolante si tolse quei pensieri, quei ricordi dalla mente.
Era presto, circa le due di notte, eppure lui era lì, in camera sua, mentre fissava il mondo fuori dalla finestra, seduto sul letto. Quella sera il cielo era illuminato dalla luce delle stelle; mentre osservava la luna, si sentì rapito, controllato, ebbe quasi la sensazione del potere scorrergli nelle vene, come se stesse aumentando sempre di più.
Percepì le mani formicolargli, così spostò lo sguardo su di esse, lasciando che la luce della luna perdesse il controllo su di lui.
Incapace di riaddormentarsi, si alzò, indossò le ciabatte, poi uscì silenziosamente dalla sua stanza, propenso a schiarirsi le idee con una passeggiata.
Mentre si chiudeva la porta dietro alle spalle, udì dei suoni confusi, quasi dei sussurri, provenire dalla camera di Jeno, proprio davanti alla sua.
Si avvicinò, quasi toccando l'orecchio sulla superficie in legno, fino a che non sentì chiaramente: il blu piangeva, per la decima notte di seguito. Jisung sospirò.
Decidendo di farsi i fatti suoi, si allontanò per passeggiare. Aveva molte domande vagargli per la testa.
Cosa ci succederà se Jaemin non dovesse svegliarsi?
Se moriremo, Jeno come reagirà?
Si troverà da solo, si unirà all'Ovest o prenderà il controllo dell'Est e riformerà il gruppo?
Queste erano le questioni alla quale Jisung voleva pensare, eppure il suo pensiero era fisso sempre su quella ragazza dai capelli neri e gli occhi lucidi. Gli mancava, davvero tanto.
Si chiedeva se ogni tanto anche lei pensasse a lui, se avesse mai provato a cercarlo, poi, improvvisamente, una domanda superò tutti gli altri dubbi: come si sarebbe messo in contatto con lei?
Si ricordò di come Joy gli avesse accennato la possibilità di contattare la propria anima gemella, quindi la mattina successiva si sarebbe impegnato a scoprirlo con l'aiuto di Renjun.
Quando, camminando, arrivò in cucina, si precipitò al bancone, prendendo dei post-it gialli ed una penna, scrivendo un breve messaggio per il demone argentato.
Continuò la sua passeggiata fino ad arrivare davanti alla camera del maggiore. Si inginocchiò, lasciando scivolare il biglietto nella fessura della porta: era sicuro che lo avrebbe letto una volta sveglio.
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PRISONER [The ONEIRATAXIA series]
Fanfiction❁ཻུ۪۪A PARK JISUNG FANFICTION❁ཻུ۪۪ ❝non credo di averti detto che ho accettato la proposta di unirmi al tuo gruppetto❞ ❝allora credo proprio che dovrò ucciderti❞ Alla fine Jisung era pur sempre un leader, un demone nero. Provare dei sentimenti non...