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CAPITOLO VENTI
«Fottuto Huang Renjun!»

Dopo più di due ore di scavi nelle macerie, Jisung constatò che il nemico aveva solo fatto esplodere l'ala est dell'edificio e poi era scappato: era solo l'inizio, quello si trattava di un avvertimento.

Il nemico stava solo mostrando parte del suo potenziale per intimidire il capo dell'est.

Se ci era riuscito? Eccome, ma Park Jisung giurò che l'avrebbe pagata cara.

Dopo aver analizzato tutto quel lato di edificio, né Chenle né Jeno avevano lasciato luci di pericolo o di avvistamento del nemico, ma purtroppo nemmeno quelle per il ritrovamento dei corpi illuminavano l'area.

Ad ogni masso che Jisung toglieva si malediceva per non aver marchiato la ragazza: se lo avesse fatto avrebbe potuto sentire il suo odore ed la frequenza del battito cardiaco per trovarla.

Invece era lì, a scavare, sentendo, movimento dopo movimento, la forza vitale che lo abbandonava.

Non si sarebbe arreso.

Dall'altra parte Zhong Chenle scavava trattenendo le lacrime e pulendosi il viso ogni volta che una goccia gli bagnava le guance.

Non poteva permettersi di perdere l'amore della sua vita: Renjun lo aveva salvato una volta e adesso doveva ricambiare il favore.

"Renjun sei un vero pezzo di merda!" pianse a denti stretti, non riuscendo a trattenere la rabbia.

"Che diavolo ci facevi qua sotto- perché devi metterti sempre nei casini, brutto stronzo!" diceva, mentre la forza nelle mani iniziava a mancare.

Scavavano da ore, ma c'erano così tante macerie che sembravano ritrovarsi sempre all'inizio.

Chenle spostava i massi con il massimo della sua forza, ignorando le lacrime che cadevano numerose sul suo volto.

Jeno non sapeva a cosa pensare se non al fatto che forse aveva perso due dei suoi amici, ma decise di trattenere le lacrime per non perdere la calma.

Jisung era sempre più vicino alla morte: scavava con fatica, il colore della pelle era pallido, tendente al bianco ed i suoi poteri avevano smesso di attivarsi già da tempo.

Non gli importava di morire, non avrebbe accettato di trascinarsi con lui anche Sujin, e per quanto volesse continuare a cercare, era consapevole che da lì a poco non ne sarebbe più stato in grado.

Improvvisamente Jeno tastò una consistenza diversa dalla pietra, quindi abbassò lo sguardo e notò una mano: era pallida, piccola e morbida, una mano femminile.

Non ci mise molto a capire che quella era Sujin.

Per esserne ancora più sicuro, scavò un altro poco ed il simbolo nella mano confermò la sua teoria: era lei.

"Ho trovato qualcosa!" gridò, improvvisamente Jeno, attirando l'attenzione di Jisung, ma non quella di Chenle che, anche se lo ascoltava, continuava a scavare fra le lacrime.

"E' Sujin!" esclamò, facendo spalancare gli occhi al biondo che corse con le ultime poche forze che aveva verso l'amico.

Insieme scavarono il più rapidamente possibile, approfittando delle quattro mani che avevano in due, ed in poco tempo riuscirono a rivelare il volto polveroso della ragazza.

Con qualche difficoltà riuscirono ad estrarla dalle macerie.

Jisung si allontanò, trascinandola via con se, scendendo a fatica dall'enorme cumulo di macerie. Jeno lo raggiunse più velocemente.

PRISONER [The ONEIRATAXIA series]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora