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A/N: Oh questo capitolo vi stupirà :)

CAPITOLO CINQUANTANOVE
«La spavalderia non ti è mai mancata, Park»

Dal tavolo del salotto volarono sul pavimento tutti i piatti, i bicchieri e le stoviglie - compresa la tovaglia - rompendosi, sfracellandosi in minuscoli pezzi.

Chenle aveva chiaramente ordinato di fare spazio e, con l'aiuto di Dejun, non curandosi minimamente dei cocci sopra al piano di legno, avevano sgomberato il piano. I quattro ragazzi si erano teletrasportati nell'edificio, spaventando sia l'Est che l'Ovest: Jisung era assente.

Le forti braccia di Lucas reggevano il corpo di Sujin - che stranamente non aveva ancora perso i sensi, ma la stanchezza e il dolore erano chiaramente disegnati nei suoi occhi socchiusi. Lottava per rimanere sveglia.

I loro vestiti macchiati di polvere grigiastra, così come i loro capelli scuri; i loro volti rigati da graffi che non si erano ancora curati; i loro corpi indeboliti dalla stanchezza e dalla fatica; gli occhi carichi di paura.

"Mettiamola qua sopra" ordinò Chenle, con voce leggermente affannata e l'adrenalina alle stelle. Lucas fece quanto chiesto, senza farselo dire una seconda volta. Yangyang stringeva saldamente la mano dell'amica, senza mai lasciarla.

"Sicheng!" Gridò il nuovo leader del Nord. Il medico - che fino ad allora era rimasto in disparte per non occupare spazio e non dare fastidio - accorse in modo immediato. "Devi aiutarla"

Il medico guardò rapidamente la ragazza: aveva la fronte sudata e gli occhi affaticati. Il foro provocato dal tondino di ferro non passava inosservato. Sicheng inspirò profondamente, prima di lasciare da parte le emozioni e cominciare il suo lavoro.

La ragazzina che si era presentata, spaventata, una settimana dopo il suo arrivo al Nord, in quel momento era stesa sul tavolo, con il petto che si alzava e si abbassava lentamente, la pelle pallida e fredda, pronta a chiudere gli occhi una volta per tutte.

Aveva visto tante persone stese sul tavolo nelle sue condizioni, ma lei gli faceva un effetto diverso: era giovane, la più piccola di tutti i gruppi. Cacciò indietro le lacrime, poi si alzò le maniche e le rimosse completamente la maglietta.

Sotto ordine di Joohyun tutti i membri dei clan si erano allontanati ed erano usciti dal salotto per non intralciare un lavoro così delicato. Era stato molto difficile per lei uscire dalla stanza: anche se non era la sua vera sorella, lei e Sujin erano comunque cresciute insieme.

"Merda..." mormorò Sicheng, una volta visto lo stato della ferita. "Che diavolo è?" Domandò Yangyang, che ancora stringeva la mano all'amica. Nella stanza c'erano anche Dejun e Jaemin, che si erano opposti a l'ordine del leader dell'Ovest.

Il foro - adesso scuro, color pece - era circondato da venature violacee che si erano estese ancora di più rispetto ai minuti precedenti. "Non può essere un infezione, non si sarebbe mai estesa così velocemente" spiegò il medico.

"È veleno" concluse. In disparte, lontano dal tavolo, i due fratelli stavano discutendo con un uomo alquanto testardo, che aveva piantato piedi a terra, decidendo che avrebbe passato lo scudo umano per vedere Sujin.

"Non puoi stare qui-" cominciò Dejun, ma l'uomo, con una poderosa spallata lo allontanò, superando i due ragazzi.

"Ehi! Dove credi di andare!" lo chiamò Jaemin, ma venne solo ignorato. L'uomo si avvicinò al tavolo. Da lontano Sujin lo scorse.

"Hendery..." sussurrò debolmente, guardandolo negli occhi. Yangyang si voltò, incontrando lo sguardo dell'amico, poi si fece da parte, ma senza mai lasciare la mano della ragazza. "Ti avevo detto di andartene..."

PRISONER [The ONEIRATAXIA series]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora