16. Un nuovo inizio

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[Papà] [Venerdì pomeriggio 1/03/2019]

Sono passati cinque giorni dalla prima sculacciata. Cinque lunghi giorni che hanno reso memorabile, difficile e pesante la prima settimana del nuovo regime educativo. Sento tutta la stanchezza accumulata che mi appesantisce le membra, appanna i pensieri. Sprazzi di insonnia hanno lasciato buchi nel mio ciclo sonno-veglia, come tarli nel legno dei mobili.

Sorseggio il mio immancabile caffè post pranzo, mentre scruto l'orologio. Le 14.40. Dove sei finito, Ricky? Guardo la tavola ancora mezza apparecchiata, il piatto di pasta coperto in attesa del mio ultimo figlio a rincasare. Giulietto e i gemelli stanno tranquillamente guardando la tv, godendo già, forse, degli sprazzi di libertà del fine settimana lungo. Beata settimana corta scolastica. Alla loro età, il sabato pomeriggio, uscito da scuola, ero talmente esausto da riuscire appena a concepire di trascorrerlo con gli amici; la domenica, poi, se ne sarebbe andata tutta per recuperare le forze, altro che compiti per l'indomani.

Ripenso ai giorni trascorsi, alla relativa calma e compostezza che ha accompagnato la routine quotidiana. La scuola per i ragazzi e per me, il pranzo preparato a giorni alterni con mia moglie, i pomeriggi trascorsi a disciplinare e far rispettare una rigida tabella oraria di attività: tempo libero fino alle 15.15, poi i compiti fino alle 19, in mezzo al pomeriggio la chiassosa merenda, i piccoli con il barattolone di Nutella, le macchie sulla tovaglia, le briciole sparse per la cucina, e poi Riccardo con i suoi yogurt, i miei incitamenti a farlo mangiare di più, a nutrire il suo cervello, la sua aria di sufficienza per risposta. Giorni apparentemente normali, se non fosse per il calore dei culetti dei miei figli che si è trascinato per qualche giorno, le macchie rossastre sul sedere di Luca, le sbiadite strisce delle cinghiate su quello di Riccardo.

Le 14.45. Sono almeno venti minuti di ritardo, considerato il tempo del tragitto a piedi dal suo liceo a casa. Quelle rare volte che riesce ad aggrappare al volo un autobus ci mette anche meno di dieci minuti, ma a piedi non impiega mai più del doppio. Dovrebbe essere già qui da almeno venti minuti.

"Papà, allora? Che ne dici?" La voce di Giulietto, lontana, giunge dal fondo del soggiorno. Non lo vedo, ma intuisco che il bambino sta sdraiato a terra a pochi passi dal 52 pollici incastonato nella parete attrezzata. Quante volte gli ho detto di tenersi a distanza dalla tv.

"Cosa dici Giulietto?"

"La pizza!"

Ah, sì. Mio figlio ha proposto di prendere la pizza per la sera e i gemelli gli hanno fatto eco.

"Va bene."

Urla di giubilo infantile. Non mi dispiace che si divertano con poco, considerato che sono ancora tutti in punizione, i loro prediletti arnesi digitali sotto confisca, e le uscite vietate fino a nuovo ordine. Mi fa piacere vederli così, insieme tutti e tre, senza litigare. I gemelli sono sempre stati un mondo a parte e Giulietto si è sempre ritrovato a dover racimolare l'attenzione del fratello maggiore. In questi cinque giorni che sono passati dalle sculacciate di domenica, i gemelli hanno trascorso più tempo con il loro fratellino, complice anche l'autoisolamento di Riccardo. I bambini hanno questo dono. Imparano in fretta, e dimenticano in fretta ciò che non occorre. Ricordo di aver letto una volta un racconto di Ray Bradbury, su un rapimento alieno di bambini che suonava quasi come una liberazione dal giogo degli adulti. A volte mi sembra di leggere come un'ombra nel loro sguardo, a volte percepisco un'esitazione. Luca che si morde le labbra non appena si accorge di aver parlato a sproposito, quasi temendo un rimprovero fulmineo. Giulietto che rovescia un bicchiere d'acqua e subito si precipita a sistemare il danno, gettando di tanto un occhio alla mia reazione, in genere impassibile. E Marco, dopo cinque giorni leggo ancora il rossore dell'imbarazzo quando capita che ci incrociamo all'angolo del corridoio o sull'uscio di una stanza. Quanto a Riccardo... dov'è finita l'adorabile spensieratezza del ragazzino che era fino a due, tre anni fa? Spensieratezza che ritrovo in Giulietto e che spero mai si spenga. Il fratellone invece si muove per casa come avvolto da una scura nebbia, calpestando il parquet a passi sempre affrettati, nervosi, il capo a volte chino, lo sguardo sempre sfuggente, rapito dai suoi pensieri indicibili. Dove sei, amore mio?

Le nuove regole di papà (vol. 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora