20. Un sabato mattina

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[Riccardo] [Sabato mattina 2/03/2019]

Un sabato mattina come tanti.

Mi sono svegliato tardi, disturbato dal vociare dei gemelli, dai rumori di Giulietto, irrequieto già di prima mattina. Papà e mamma sono a casa, tutti e due. Quando siamo in sei questa casa è così rumorosa.

Mi trascino, ancora in pigiama – magliettina stropicciata, ma comoda; pantaloni lunghi, larghi, che mi scivolano sempre un po' troppo, scoprendo gran parte dei miei boxer; ho freddo e metto la felpa, avvolgente, morbida – verso la cucina, desideroso solo di caffè. Un'abitudine che da un anno a questa parte ho assunto, sulla scia di mio padre, probabilmente, gran consumatore di caffè, rapido, frenetico, nel modo in cui beve la tazzina, schizzando la testa all'indietro, oppure lento, riflessivo, rilassato, come sempre nel weekend, quando lo vedo sorseggiare del caffè americano – come fa a bere quell'intruglio non lo so –, dalla solita tazzona, che gli regalai da bambino, una di quelle classiche con su scritto World's Best Daddy. Mi fa venire una punta di imbarazzo e nostalgia ogni singola volta che la vedo.

La cucina è deserta, il mio fratellino sta lontano, accoccolato sul tappeto a guardare i cartoni. Il tavolo è pieno dei resti della colazione dei gemelli, a giudicare dai cereali disseminati ovunque. Oh be', non che io sia il re dell'ordine, anzi.

Non trovo caffè pronto, decido di farmelo da solo. Quasi mi slogo la spalla a cercare di svitare la moka. Ma come fa ogni volta a chiuderla così stretta, papà? Svuoto il serbatoio, butto l'acqua e i resti di caffè macinato, la riempio e la metto sul fuoco. E attendo.

Odio questi tempi morti. Per fortuna ho di nuovo il mio telefonino. Sfoglio schermate di Instagram, foto di feste, un mondo ormai proibitomi, sembra così lontano...

La puzza di caffè bruciato mi risveglia. Mi sono distratto. Oh be'... Quasi mi scotto, ma tolgo la caffettiera dal fornello, verso il liquido bollente in una tazzina, ci butto dentro una manciata di zucchero di canna, coprirà il retrogusto amarognolo di bruciato.

"Riccardo, sei un disonore". La voce di papà. Mi scuote, ma non mi volto.

"Che ho fatto?!"

"Hai bruciato di nuovo il caffè." Proprio ora doveva arrivare? Che palle.

"Potresti benissimo risolvere il problema e comprare una Nespresso".

"Oppure potrei insegnarti, di nuovo, a preparare una moka come si deve".

"Ma a che serve?! E poi il caffè della Nespresso è mille volte più buono".

"Ha parlato Clooney".

"Ma è vero!"

Scuote la testa, sconsolato. "Che tristezza, figlio mio. La moka è il nostro simbolo nazionale! Preparare la caffettiera è un rito quotidiano fondamentale. Quando ero un ragazzino come te, ho capito di essere diventato grande quando sono riuscito a farmi un caffè come Dio comanda da solo".

Papà si avvicina, io resto in piedi davanti al tavolo, mi scivola dietro e prende una tazzina pulita dallo scolapiatti. Lo guardo mettersi a sedere a tavola, mi avvicino con la moka in mano e gli riempio la tazzina di caffè. Lascio la caffettiera sul fornello spento, poi mi volto, papà si sporge dalla sedia, mi sorride, come a ringraziarmi per il gesto. Lo guardo prendere la tazzina tra le mani, percorrere il bordo affilato con la punta dell'indice, lasciando che il caffè si raffreddi un po'. Un vezzo che ho preso da lui.

Mi metto a tavola, verso la tazzina di caffè in una tazzona di latte, ci butto dentro i cereali integrali.

"Ti va di fare qualcosa insieme?" Chiede a un tratto. Sollevo gli occhi dalla tazza.

Le nuove regole di papà (vol. 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora