29. Il rimorso paga due volte

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[Papà] [Domenica pomeriggio 3/03/2019]

La giornata trascorre lenta, quasi soporifera.

La tarda colazione a base di frittelle e fragole ha certamente movimentato la mattinata, più di quanto non abbia già fatto la sculacciata impartita a Riccardo, per la questione della doccia, ma da lì in poi questa ennesima domenica di soli maschi in casa è trascorsa in una certa calma. Dopo pranzo (che comunque è stata una cosa sbrigativa, leggera, consumata malamente sul divano del salone, guardando la tv), i miei figli hanno accettato di rintanarsi nelle loro camere, con l'imperativo di mettersi a studiare. I gemelli, una volta completato il progetto sulla sostenibilità, sono rimasti senza altri compiti, ma Marco è riuscito a convincere suo fratello a ripassare non so quale materia. Del resto, senza cellulari, tablet, videogiochi, che altro avrebbero potuto fare? Quanto a Riccardo, si è offerto di aiutare il fratellino con degli esercizi di matematica rimasti incompiuti. Dopo quel momento in cui ci siamo riappacificati, mettendo da parte il rancore per la sculacciata in bagno, mio figlio non ha mostrato cenni di risentimento, eppure ha continuato ad evitarmi per buona parte del pomeriggio. Anche se ha metabolizzato il dolore, accettato la punizione, resta l'imbarazzo per essersi mostrato a culo nudo.

Così, mi sono ritrovato per l'ennesima volta nel mio studio, a completare quel lavoro che faticosamente ho portato avanti per tre giorni. Ma, corretto e valutato l'ultimo tema svolto in classe, mi sono sorpreso a percepirmi annoiato. Ho rapidamente spento il portatile per evitare di stare lì, davanti allo schermo, ad aggiornare ossessivamente la pagina della casella di posta, o a navigare senza meta come un'anima in pena persa nel mare di Internet.

Con i miei figli disciplinati e silenziosamente chiusi nelle camerette, mia moglie di turno in ospedale ancora per qualche ora, i compiti finalmente corretti, decido di riprendere in mano quel libro che sto spiluccando con intollerabile lentezza da troppo tempo ormai.

Guardo fuori la finestra, il sole tiepido, la luce tremola, quel momento del pomeriggio in cui basta poco e tutt'assieme farà sera. Se mi mettessi a letto, finirei con l'addormentarmi, il libro che ricade sul petto. Decido di restare nello studio, accomodandomi sulla poltroncina.

Assorbito dalla lettura, non mi accorgo della presenza di Marco, che si manifesta con uno squillante "Ehi, papà!" che mi fa sobbalzare. Da quanto tempo stava lì, sulla soglia?

"Marco, che succede?". Mi sembra di avere già vissuto questa scena, proprio ieri. Anche se era l'altro gemello.

"Ho bisogno di parlarti..." Mi dice, perdendo rapidamente il tono limpido della sua voce, adombrandosi nel timbro della voce e nello sguardo. Che ha combinato?

"Che succede?" Marco esita, com'è tipico del suo carattere, della sua indole particolarmente riservata. "Hai bisogno di aiuto con i compiti?" Scuote la testa. "Chiudi la porta e vieni qui, dai". Aggiungo, per incoraggiarlo. Non voglio che i miei figli si sentano a disagio nel volermi parlare. Nemmeno se devono confessare qualche malefatta, che li porterebbe probabilmente a prenderle.

Lo seguo muoversi nella piccola stanza, chiudere la porta, piano, come a non voler fare alcun rumore, poi avvicinarsi a piccoli passi, guardarsi intorno, esitante, finché decide di accomodarsi sul divanetto, scostando una pila di riviste che ho dimenticato lì. Gli concedo il tempo necessario per farsi coraggio, mentre ripongo il libro e riordino un po' gli oggetti sulla scrivania.

"Oggi è il tre marzo". Finalmente mi dice.

"E...?"

"E... insomma... oggi potrei riavere il telefonino, no?". Mentre mio figlio parla, mi viene in mente il significato di questa data, ma Marco alla fine batte in velocità i miei neuroni.

Le nuove regole di papà (vol. 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora