2. Il momento della verità

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[Papà] [Sabato pomeriggio 23/02/2019]

I ragazzi sono come delle trottole impazzite. O, per essere più elegante, come delle particelle elementari gettate dentro un acceleratore. Girano per la casa come a volere continuamente imprimere il proprio dominio su tutto il territorio. Basta che uno accenda la tv in salone, che un altro vuole sfilargli il comando. Eppure hanno tutti una tv in camera. Certo, non il 52 pollici che ho comprato approfittando del Black Friday. La Playstation 4, così, dalla stanza dei gemelli, dove abitualmente risiede, essendo loro due i principali fruitori (Giulietto preferisce usare il portatile di Riccardo, cosa che dà un valore aggiunto al tutto, per giocare a Minecraft con i suoi amici), venne spostata in salone, dove però Giulietto aveva intenzione di spararsi non so quale serie Netflix, decisamente inadatta a un bambino di dieci anni, godendo della magia del 4K. E Riccardo... ciondolava per casa, incollato al telefono, scrivendo romanzi su Whatsapp camminando dentro e fuori le stanze. Abitudine che deve avere preso da sua madre, che quando si intrattiene in conversazioni telefoniche copre l'esatta metratura della maratona di New York andando avanti e indietro sul nostro parquet.

Ora o mai più. "Ragazzi, un poco di attenzione..." Parole al vento. "Riccardo... Giulietto, abbassa per favore". Niente. "Ragazzi! Insomma!". I gemelli sputano qualcosa di incomprensibile, per fortuna. Cominciamo malissimo. Indietreggio e mi sposto vero l'altra metà dell'ambiente, dove è ubicato l'angolo cucina, che fa tutt'uno con il salone. Batto violentemente una mano sul tavolo di cucina. "Ma sei impazzito?" Tuona Riccardo, che mi passa accanto, senza mai sollevare lo sguardo da quel santino luminoso che ha tra le dita. E parlando di religione, provvidenziale come Beatrice l'arrivo di mia moglie.

"Ragazzi, io sto uscendo, sono di turno e torno domani all'alba. Fate i bravi e ascoltate vostro padre". Non interrompono quanto stanno facendo, ma l'ascoltano. Un coro di spenti "sì, mamma". "Sul serio," riprende grave, "ascoltate vostro padre. Ha delle cose importanti da dirvi. Giulietto, spegni quella dannata tv". E magicamente, mi ritrovo quattro paia di occhi addosso. Scorgo Riccardo in un angolo del salone, all'ombra di una pianta, lo sguardo alto, fiero, illuminato dal display dello smartphone. I gemelli, curiosi, che sporgono dal divano posto dinanzi la tv. E Giulietto, che si alza dal tappeto dove era rotolato qualche momento prima, avvicinandosi verso la cucina.

Ora o mai più. "Salutate la mamma e venite qui", indico il tavolo della cucina, spostando una sedia per farmi spazio, "Mettiamoci intorno al tavolo". Prendo posto, mentre i ragazzi svogliatamente sfilano, salutano mia moglie, che si affretta ad aprire la porta di casa, e poi si accalcano intorno al tavolo. I gemelli litigano per il posto a capotavola: Marco si siede per primo, ma Luca va per sfilargli il posto. "Senza giocare!" tuono, alzando la voce. Il che aumenta la curiosità e la perplessità. Luca si accomoda su una sedia vicina. Giulietto prende posto disordinatamente sulla sedia accanto alla mia. Riccardo non si siede, rimane in piedi, appoggiandosi all'angolo del bancone della cucina, tra il lavello e il piano di cottura. Lo guardo stare lì, lo sguardo vagamente serio, un'aria di superiorità, le braccia conserte, avvolte nella sua classica felpa blu. Alza lo sguardo, incrocia il mio e rapidamente lo distoglie. Amore mio, da quanto ti sei allontanato così tanto?

"Quindi? Ho lasciato la partita in sospeso" esordisce Luca. Non ho fretta, voglio che sia un discorso calmo, composto, con i suoi tempi. Voglio che i ragazzi accettino la lentezza del discorso, che non abbiano subito il pensiero di scappare via dal tavolo e tornare alle loro occupazioni. Esordisco piano, ma con fermezza.

"Ho fatto una riflessione. Non sono un buon padre. Non lo sono affatto." Giulietto mi guarda curioso, gli occhi come due pozze d'acqua vagamente velata, lo sguardo interrogativo. "Non sono soddisfatto di me stesso, capite? Come padre, intendo. E come padre, c'è solo un modo per valutare il mio operato: attraverso voi stessi. Vedete, avrei potuto esordire così: 'non sono soddisfatto del vostro comportamento'. Ma la verità è che non sono soddisfatto di me, perché il vostro comportamento è un riflesso del mio, della mia capacità di educarvi, come padre".

Le nuove regole di papà (vol. 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora