1. Prologo

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[Papà] [Febbraio 2019]

Mi guardo allo specchio. Vedo le prime rughe d'espressione, qualche occhiaia, l'insoddisfazione nello sguardo spento, la pelle stanca. Mi guardo allo specchio e non ho dubbi. Sono un pessimo padre. Quello che vorrei vedere è il ritratto di un padre energico, autorevole, soddisfatto, deciso. All'alba dei miei quarantacinque anni, tuttavia, forse non è ancora troppo tardi per provare a diventarlo.

A voler essere sinceri, la mia vita rispecchia i principali canoni di una esistenza soddisfacente. Ho un lavoro che amo, insegnare alle superiori, anche se assisto sempre più sconsolato allo scatafascio della scuola pubblica. Ho una moglie che amo, un medico in carriera, anche se passa più tempo in ospedale che a casa. Ho ben quattro figli, simbolo della mia vigorosa e frutto della bellezza mia e di mia moglie. Ho una casa accogliente, abbastanza grande per poterci vivere in sei senza esplodere. Eppure, l'insoddisfazione ha cominciato a crescere, fino alla realizzazione. Sono un pessimo padre.

Si sa, è un luogo comune. Ah, i giovani d'oggi... Da ragazzo ho sempre detestato simili espressioni. Cinque mila anni fa, i vecchi babilonesi si lamentavano delle indisciplinate nuove generazioni, che non mostravano più rispetto verso gli anziani. Sono cresciuto, del resto, in un ambiente che si potrebbe definire progressista, aperto, tollerante. Figlio degli anni Settanta, i miei genitori mi hanno permesso di vivere le mie esperienze, imparando dai miei errori, lasciando che la sola vita mi facesse da maestra. Mi sono sposato giovane, considerati i tempi, e sono stato benedetto per quattro volte del dono della paternità. Ho sempre desiderato avere molti figli, anche se, da bambino, condividere la cameretta con il mio solo fratello sembrava già riempire la casa in modo più che sufficiente. Il primo, Riccardo, nato sedici anni fa, per quattro anni è stato il centro indiscusso della nostra vita. Dopo, sono arrivati i gemelli. Riccardo aveva quattro anni, si avviava verso una autonoma esplorazione della vita, mentre i gemelli raddoppiavano le nostre cure e attenzioni. E infine è arrivato il piccolo di casa. A quel punto avevo sei anni di paternità alle spalle, ma la sensazione è che ho cominciato a sentirmi veramente padre con quattro figli, di età diverse. Dieci anni dopo, però, qualcosa ha cominciato a non funzionare. Non saprei dire cosa, non saprei dire quando e come ho sbagliato. Avverto solo il conto e la sedimentazione dei miei errori.

I miei figli sono un disastro. Non so cosa mi faccia più male: la distanza del volto che mi restituisce lo specchio dall'immagine del padre che vorrei essere, o la degenerazione totale dei miei quattro figli. Sono stato ben disposto ad applicare, a mia volta, gli insegnamenti dei miei genitori. Ho lasciato che i miei quattro ragazzi facessero le loro esperienza, e che fosse la vita, e non il loro papà, a punirli per i loro errori. Peccato che non hanno mai imparato niente. Ma la vita, si sa, non è come una lezione in cattedra.

Questo 2019 è iniziato sotto i migliori e contemporaneamente i peggiori auspici. Riccardo, il mio amato primogenito, lo specchio che mi restituisce l'immagine che avevo io a sedici anni – i capelli corvini, mossi, che pure tagliati corti si affollano sulla sua testa, gli occhi chiari, gelidi, che gli tagliano lo sguardo con un look fascinoso e malinconico, il fisico snello, scolpito come da un artista greco nel bel mezzo della sua gloriosa metamorfosi in uomo – ha trasformato la notte di San Silvestro nella catastrofe famigliare tipica dell'adolescente ubriaco e imbottito di fumo che rientra a casa a un orario indicibile, infestando la casa di rumori ed esalazioni moleste, suscitando le risa e anche la preoccupazione dei suoi fratelli minori. Quanto alla scuola, l'inizio del triennio liceale ha visto un totale ribaltamento del suo rendimento scolastico nei due anni precedenti, sgretolando rapidamente l'immagine del giovane di belle speranze che aveva il suo primo giorno di scuola alle superiori.

I gemelli, dodici anni, preziosi nella loro doppiezza come solo la natura sa creare, condensano tutto il peggio che può venire dai preadolescenti delle scuole medie. E parlo per esperienza diretta, avendo esordito, allora giovanissimo insegnante, in una classe di seconda media popolata al 90% da maschietti in preda a ormoni e impulsi di ogni tipo (compreso quello di saltare dalle finestre). Marco ha i lineamenti dolci di sua madre, che ha diviso a metà i suoi occhi castani per incastonarli nei gemelli; Luca, che pure gli è uguale come una goccia d'acqua, ha qualcosa, nello sguardo, nella piega delle sopracciglia, che manca di dolcezza. Luca è così, sfuggente, ma in modo diabolico: non sai mai cosa gli passi per la testa. E' il minore dei gemelli, ma è lui ad avere la presa sul fratello. Marco, invece, anche se parla poco, è un libro aperto. Eppure, da quando ha iniziato le medie, questo libro si è sempre più chiuso. L'attitudine alla marachella, che rendeva piccante la loro infanzia, si è unita a una spavalderia e un'insolenza che non riesco a imputare alla genetica.

Le nuove regole di papà (vol. 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora