62. Una richiesta difficile

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[Papà] [Venerdì sera 5/04/2019]

L'intera giornata è trascorsa accumulando sempre più tensione. Se al mattino avevo quasi dimenticato l'estenuante pomeriggio del giorno prima, il lungo incontro con i docenti di Riccardo, l'infinita mole di osservazioni, polemiche, controproposte da parte di miglio, nel pomeriggio, una volta a casa, ho cominciato a percepire un graduale ma inesorabile cambio di clima. Riccardo, intanto, si è fatto più evanescente del solito, evitando non solo me, ma anche quel ficcanaso del fratellino (quanto ai gemelli, li ha ignorati come sempre). Si è attardato da scuola, ha pranzato ormai solo, sordo ai miei rimproveri, si è rintanato in camera, a quanto pare a studiare, tutto il pomeriggio.

Dopo le quattro ho raccolto i suoi fratelli e li ho caricati in macchina, per il consueto giro: prima la scuola calcio per il piccolo, poi la piscina per i gemelli. Durante il tragitto in auto hanno mantenuto un sospetto silenzio, finché, poco a poco, quanto bolliva in pentola, in profondità, è cominciato ad emergere... Il piccolo ha chiesto di suo fratello, se Riccardo fosse davvero a rischio bocciatura, quanto a lungo sarebbe rimasto in punizione... domande che andavano ben oltre la preoccupazione fraterna. I gemelli bisbigliavano, ma restavano stranamente silenti. Poi, quando ho lasciato Giulietto, Luca ha improvvisamente ritrovato il dono della parola, chiedendomi perché non avessi ancora sculacciato Riccardo. A quel punto non si trattava più di preoccupazione e dunque gli ho dato una rispostaccia, intimandogli di farsi i fatti suoi, altrimenti le avrebbe prese pure lui. Insomma, non è che dovessi spiegare ogni cosa ai miei figli! Non devo certe rendere loro conto e ragione.

Durante il tragitto del ritorno, alle sei e mezza, la tensione sembrava essersi sciolta come neve al sole. Il piccolo ha cominciato a raccontarmi della partita di allenamento, dicendomi con orgoglio che ha giocato più del solito, mentre i gemelli sono entrati in auto parlando tra loro, e hanno continuato per tutto il tragitto. Sembrava, insomma, che lo sport li avesse distolti da quelle inutili ansie. Be'... mi sono sbagliato.

A cena la tensione si fa palpabile. I gemelli mormorano tra loro, come a tramare qualcosa. Luca tiene tutto il tempo uno sguardo nervoso... Marco cerca di trattenerlo, gli dà delle gomitate. Riccardo cena senza dire una sola parola, sotto lo sguardo incredulo di Giulietto, che proprio non riesce a farsene una ragione. Dopo aver fatto a pezzi una fetta di carne e averne mangiato comunque troppo poco, Riccardo snobba l'insalata e chiede di potersi alzare da tavola. Si mette a disposizione per tornare in un secondo momento e sparecchiare, ma proprio non ce la fa a restare a tavola, confessa. Mia moglie mi guarda preoccupata, poi si rivolge a nostro figlio, concedendogli il permesso. Non appena Riccardo ha svoltato l'angolo, Luca esplode in una polemica forse attesa, prevedibile, ma comunque sorprendente, in questo dato momento. Ci accusa di fare favoritismi, di privilegiare Riccardo. Non solo non l'ho sculacciato – ed ecco che ritorna l'argomento, tutto contro di me – ma persino lo lasciamo alzarsi da tavola, mentre a loro (cioè i gemelli) tocca restare a tavola per poi sparecchiare.

Senza dir nulla mi alzo, faccio il giro della tavola, afferro Luca per un braccio e lo sollevo a forza, dicendo semplicemente "Ora vieni con me". Che, in effetti, sembra proprio la minaccia di una imminente sculacciata. Luca non protesta più di tanto, cogliendo anzi l'occasione per fare la vittima, davanti agli occhi di sua madre, la quale naturalmente mi fissa. Scuoto la testa, per rassicurarla sulle mie intenzioni, finché si rivolge a nostro figlio, emettendo una inappellabile sentenza: "Vai con tuo padre".

Lo porto in camera, senza troppa fatica. Luca biascica proteste e lamentele, continuando a giocare la parte della vittima, quasi desideroso di prenderle sul serio, per poi avere un argomento da usarmi contro, ma ovviamente non commetterò questa leggerezza. Giunti in stanza, mollo la presa, Luca si distanzia di qualche passo, fissa il letto, lo sguardo titubante, non sa se restare in piedi o sedersi, attende forse un mio ordine. Gli indico il letto, almeno sta fermo, ma anziché sedersi, lo vedo stendersi sullo stomaco, come in attesa di una sculacciata. E' già la seconda volta in pochissimo tempo che uno dei miei figli assume spontaneamente la posizione per le sculacciate. "No... niente sculacciate. Mettiti seduto", chiarisco. Luca si gira sul fianco, mi scruta perplesso, poi si mette a sedere. Mi siedo accanto a lui, forse troppo vicino, si sposta leggermente di lato, a rimettere un po' di distanza.

Le nuove regole di papà (vol. 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora