84. Una parola di troppo

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[Papà] [Martedì pomeriggio 30/04/2019]

Apro di nuovo la porta.

"E che palle, ancora! Puoi lasciami solo?!", esclama Riccardo. Lo guardo attentamente, si è tirato su i pantaloni della tuta, dallo schermo del portatile è scomparso il porno. Dubito che avrà finito, sarà rimasto lì imbambolato a cercare di smaltire l'imbarazzo. Finalmente si accorge che ho tra le mani l'asciugamano. "Cazzo..."

"Questa è la volta buona che ti lavo la bocca col sapone". Lo vedo impallidire. "Sei nei guai, Riccardo". Finalmente china il capo, un segno di colpevolezza.

"Ok, l'hai scoperto. Immagino che sei venuto qui a punirmi, va bene, ma non è il momento".

"Eh no, caro mio. Lo decido io se è il momento. E dico che lo è, abbiamo aspettato anche troppo, peggio per te che non l'hai detto subito". Arrossisce fortemente.

"Ma io..."

"Niente giustificazioni inutili, niente scuse per favore. Tu cosa? Non volevi dirmelo prima di aver avuto il permesso di andartene domani dagli amici? Ma sei davvero così sciocco, Ricky? Eh?", lo incalzo, lui tiene la testa bassa, divorato dalla vergogna, l'imbarazzo, il senso di colpa. "Sedici anni, macché, diciamo anche sei". Continuo. Riccardo non reagisce, le sue difese sono crollate nel momento in cui l'ho beccato con le mani nella marmellata... si fa per dire. E allora, ne approfitto e incido con la mia ramanzina. "Ora, dimmelo tu cosa dovrei fare, rimangiarmi la parola innanzitutto e chiuderti in casa, altro che primo maggio a mare, eh?"

"No papà dai!", scatta in piedi, spinto dal desiderio di contrattare, di opporsi a questo infausto destino. "Ho sbagliato, puniscimi, dammele, quello che vuoi, ma non chiudermi in casa! Ne ho bisogno, per favore!"

"Riccardo, non sei tu a dirmi cosa devo fare con te".

"Ma ascoltami, per favore!"

"No!", sbotto. Ok, mi è uscita male. Se mio figlio vuole parlarmi, qualunque cosa voglia comunicare, lo devo ascoltare, e poi intervenire, correggendolo, punendolo. "Non intendevo questo. Insomma...", ora sono io un po' in imbarazzo. "Riccardo, io devo fare il padre e tu il figlio, lo capisci?"

"E quindi? Cavolo, non siamo personaggi di una storia! Chi se ne frega di quello che siamo! Sì, tu sei mio padre, ma questo non vuol dire che devi per forza punirmi così!"

"Mi sto stancando", taglio corto. Non voglio stare a discutere a lungo. "Togliti i pantaloni della tuta", gli ordino.

"Per favore!", mi supplica. "Fammi spiegare!", insiste. Ma intanto si alza in piedi.

"I pantaloni della tuta. O li togli tu o te li tolgo io. E se lo faccio io, adesso, lo farò anche la prossima volta e tutte quelle a venire". Come ho iniziato a fare coi gemelli, e lui lo sa bene.

"Io non dico che non devi punirmi", riprende a parlare, ma nel mentre si abbassa, esitante, i pantaloni. "Vedi? Lo sto facendo, ma ti prego, ascoltami".

"Parliamo dopo. Prima, le sculacciate. Le parole dopo". Riccardo mi fissa con occhi imploranti. Cerco di evitare di guardare il rigonfiamento sui suoi boxer attillati, neri. Avrei optato per un riscaldamento con la mano, sui boxer, così da tenerlo fermo, a contatto con il suo corpo, per farlo sentire docilmente sottomesso, ma in quelle condizioni è meglio evitare qualunque contatto... ricorrerò alla cintura, per cominciare. Non dico nulla e mi sfibbio la cinta, davanti ai suoi occhi colpevoli e imploranti.

"Devo... mettermi sul letto?" Annuisco. Lo vedo spostare il cuscino, come di consueto, poi mi avvicino e gli porgo l'asciugamano.

"Mettitelo sotto. Togliti le mutande, però".

Le nuove regole di papà (vol. 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora