34. La dura vita del piccolo di casa/2

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[Papà] [Lunedì pomeriggio 4/03/2019]

Il pomeriggio è trascorso più tranquillo di quanto pensassi. I gemelli hanno pacificamente studiato, benché interrompendo lo studio con continue chiacchierate e distrazioni. La minaccia di toglier loro il telefonino se non l'avessero messo da parte per dedicarsi a studiare ha retto giusto la prima mezzora, tornando poi a distrarsi inframezzando video tra una pagina e l'altra. A quel punto avevo troppa poca voglia di vigilare sul loro studio, troppe lezioni da preparare per l'indomani – giornata piena, il martedì –, troppo poco caffè nella mia tazza e fin troppo interesse per Giulietto. Il piccolo, dal canto suo, ha sonnecchiato per buona parte del primo pomeriggio, salvo poi ricomparire in cucina all'ora della merenda, pretendendo di avere della cioccolata, cosa ben poco indicata per chi ha una febbre addosso. Alla fine ho dovuto ricorrere a Riccardo per convincerlo a farsi andare bene una tazza di tè caldo e qualche biscotto secco senza nemmeno una particella di cioccolato.

Con il progressivo imbrunire, la temperatura del piccolo ha ripreso a salire vertiginosamente. Per fortuna, il provvidenziale rientro di mia moglie mi ha tolto dall'incombenza. Mi sono occupato della cena, un ricco minestrone per combattere i residuali malanni di stagione e per non scontentare Giulietto, che non avrebbe potuto condividere una cena più grassa e appetitosa, ma di fatto scontentando tutti e quattro i miei figli.

Sciacquo i piatti e li ripongo nella lavastoviglie, metto da parte il minestrone avanzato, mentre mia moglie mi sorprende, alle mie spalle.

"Quasi trentotto".

"Ah, però".

"Gli hai dato qualcosa?"

"No, ho preferito aspettare e vedere fino a quanto saliva. Gli ho detto comunque che prima di andare a letto gli metto una supposta".

"Sì, la tachipirina andrà bene. Appena supera i trentotto gradi dagliela".

Ordinaria amministrazione. Proseguo l'attento lavoro. Mia moglie mi avvicina e mi dà una mano, mentre mi racconta della sua giornata in ospedale. Tra una cosa e l'altra, inserisco qualche aneddoto del mio mondo scolastico.

Una volta messa a posto la cucina, ci ricongiungiamo ai nostri figli in salotto. Giulietto, avvolto nel suo caldo e pesante plaid, occupa il sofà, seguendo distrattamente l'ennesima replica di Frozen della Disney. I gemelli ignorano il film e giocano insieme, sebbene ognuno dal proprio telefonino. Nemmeno il tempo di restituirli loro... ma, ahimè, non posso mica lottare con gli standard cui sono abituati i ragazzi d'oggi. Assente, come spesso, Riccardo. L'ultima volta che sono andato a controllare stava in camera sua a strimpellare, le cuffie alle orecchie e tutto il mondo fuori.

La serata scorre tutt'assieme e arriva il momento di mettere a letto i bambini. Le proteste dei gemelli vengono spente da mia moglie. A me, del resto, tocca il compito più ingrato: mettere la supposta al piccolo ammalato.

Lo seguo tornare in camera, l'andamento lento, febbricitante, ma anche preoccupato, conscio di quanto l'aspetta. Certo: non esiste ragazzino che non cerchi di evitare o rimandare il più possibile il fastidioso supplizio dell'inserimento di una supposta. Giulietto, almeno, ha sempre accettato il suo destino, limitandosi a supplicarmi di rimandare l'appuntamento. Niente a che vedere con Riccardo, il quale, alla stessa età del fratellino, anche con trentotto e mezzo di febbre trovava la forza di sfuggire alla mia presa e tentare in tutti i modi di sottrarsi alla tortura.

Una volta entrati in camera, Riccardo ci saluta con una fugace occhiata, le dita non abbandonano le corde della chitarra muta, il suono elettrico intrappolato nelle cuffie.

"Forza, preparati, che vado a prendere la supposta".


[Giulietto] [Lunedì sera 4/03/2019]

Le nuove regole di papà (vol. 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora