11. Lacrime

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[Papà] [Domenica mattina 24/02/2019]

Quando esco dalla camera di Riccardo, la cintura e l'asciugamano stritolati nel pugno, la camicia incollata sul petto sudato, sento solo i miei battiti risuonare nel corridoio vuoto. Mi richiudo la porta alle spalle e mi ci appoggio un istante, cercando di riprendere il controllo dei miei istinti.

Cosa sto facendo? Ho davvero picchiato mio figlio sedicenne?

L'immagine del ragazzo disteso sul letto di suo fratello mi trafigge il cervello. Rivedo il suo volto corrucciato, gli occhi serrati nell'attesa del successivo colpo di cintura, ma risento anche le sue parole dure, quando mi ha cacciato via dalla sua camera. Riavvolgo il nastro dei ricordi degli eventi appena passati, mi ritornano su, come un fiotto di acido gastrico, le violenti parole che Riccardo mi ha vomitato addosso prima di convincerlo a subire la sua punizione. Quasi mi torna il nervoso, la rabbia che mi scalda la pelle e mi fa sudare il palmo della mano, stretto attorno alla cintura.

A un tratto, un rumore. Una porta che si apre. Alzo lo sguardo e lo allungo in fondo al corridoio, dal bagno vedo uscire Giulietto, con addosso il suo piccolo accappatoio a forma di panda. Adora quell'accappatoio, glielo regalammo qualche anno fa, ma ormai ha fatto il suo tempo – o, per essere precisi, è Giulietto a essere cresciuto rapidamente. Scruto il profilo di mio figlio, cerco il volto nascosto all'ombra del cappuccio, i capelli gocciolanti, mentre tutt'attorno ai piedi si creano piccole pozze d'acqua. A vederlo così mi si stringe il cuore, un moto di affetto mi trafigge, mandando in frantumi l'immagine di mio figlio sulle mie ginocchia, il culetto rosso e caldo esposto, alla mercé della mia possente mano.

Sarà sempre così? Questo misto di rimorso e risentimento, mi coglierà ogni volta che sculaccio uno dei miei figli?

Mi avvicino a mio figlio, che procede titubante nella mia direzione, cioè verso la propria cameretta. Il volto leggermente arrossato dal calore della doccia, penso al suo tenero culetto, chissà se gli fa ancora male, magari ha trovato un po' di sollievo nella doccia.

"Va meglio?" gli chiedo, ma mio figlio annuisce sommariamente, tiene lo sguardo basso, finché nota la cintura nel mio pugno. Sgrana gli occhi e solleva il volto di scatto, interrogandomi con i suoi occhioni.

"Hai... Riccardo... con quella?" La voce flebile, titubante. Annuisco, perché non oso dire nulla, mi sento rimpicciolito dinanzi all'immagine mastodontica di un padre castigatore che, sono sicuro, sta popolando i pensieri di mio figlio. "Gli hai fatto male?"

"Non troppo... in realtà, credo che gli faccia più male l'ego che il sedere." Gli rivolgo un sorriso, cerco di spezzare la tensione.

"Che vuol dire?"

"Intendo dire che ho colpito il suo orgoglio. Ha sedici anni, ma è stato punito come un bambino. Sì, non sarà stato piacevole ricevere i colpi di cintura, ma ti assicuro che non l'ho ferito. Ho solo ridimensionato la sua megalomania tipicamente adolescenziale. Nulla di serio".

Rimaniamo fermi davanti la porta della cameretta. Giulietto afferra la maniglia, ma non la abbassa, la mano resta lì, in attesa, la porta chiusa.

"Hai... hai finito?" Mi chiede ancora.

Esito. La verità è che non lo so. Fino a qualche istante fa avevo intenzione di completare la punizione di Marco. Ma l'erezione inaspettata ha aumentato a dismisura l'imbarazzo e la vergogna di mio figlio. Sì, ha subito meno sculacciate rispetto a suo fratello, però...

"Papà?" La voce di mio figlio mi scuote dai miei pensieri, mi strappa ai miei dilemmi morali. "Non sculacciarmi ancora, ti prego..." Dice con un filo di voce. Cerco di ammorbidire in un istante il mio sguardo. Mi chino su mio figlio, portandomi vicino al suo viso, lo sguardo di nuovo basso, gli occhi già lucidi.

Le nuove regole di papà (vol. 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora