50. Ti devo parlare

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[Papà] [Lunedì 18/03/2019]

Inizia una nuova settimana. Ieri è stata una domenica stancante. Rimproveri, proteste, sculacciate. Pensavo di poter festeggiare una settimana senza sculacciate e invece ne ho date ben cinque. Almeno Riccardo non mi ha dato grattacapi. Sarà sempre così, ormai? La domanda che si fanno ormai da tre settimane, insistentemente, i miei figli, è anche la mia. Non si torna più indietro? Le sculacciate faranno parte della nostra quotidianità? Mi fermerò, prima o poi, la smetterò mai?

Per tutta la notte, quasi insonne, e la mattina di scuola, caratterizzata dalla soporifera sorveglianza di un tema in classe, non penso ad altro. La classe continua l'opera di stesura del tema di letteratura, ma già si sta formando un capannello di studenti che, come al solito, cominciano a sottopormi domande su domande, un continuo chiedere "va bene se scrivo questo?", "può controllare se quello che ho scritto finora è giusto?" "mi spiega che significa questo verso?", "che significa questa parola?" e così via. Un po' mi distraggono dai miei pensieri, per un'ora non faccio altro che rispondere alle domande degli studenti, proporre suggerimenti, correggere al volo gli svarioni, giro tra i banchi e mi sgranchisco le gambe. 

Arriva la ricreazione. Respingo le pressioni degli alunni, disciplino il loro costante e incontrollabile bisogno di recarsi al bagno, lascio che spizzichino qualcosa, è pur sempre ricreazione, anche se non possono interrompere l'opera, e proprio quando sta per finire la pausa, un attimo prima che suoni la campanella che segnala l'inizio della quarta ora, il mio cellulare vibra. Che sorpresa, un messaggio di Marco.

Ti devo parlare.

Gli rispondo che, una volta a casa, parleremo, ma che al momento deve riporre il telefono e seguire la lezione.

Per le due successive ore ho un pensiero fisso. Dopo i momenti condivisi ieri, che altro c'è, adesso? Mi ha tenuto nascosto qualcosa? Magari sono troppo sospettoso. Forse vuole chiedermi qualcosa che non ha a che fare con quello che è successo ieri. Del resto, ramanzina e sculacciate sono state sufficienti, il caso è chiuso. Magari ha un problema con la scuola o, chissà, vuole parlarmi di certe cose da maschietti... qualcosa che non può condividere con Luca, con la metà della sua anima, ma solo con suo papà? Mi sento quasi orgoglioso, l'apprensione lascia il posto a un caldo sentimento di orgoglio e di affetto, non vedo l'ora di tornare a casa e incontrare mio figlio. E allora mi contraddico, riprendo il telefonino in mano, tanto gli studenti stanno consegnando il tema, uno dopo l'altro, e anche se Marco è ancora a scuola gli scrivo un altro messaggio: dopo pranzo, ti aspetto nel mio studio, quando vuoi.

Esco da scuola, carico di temi, pensieri, aspettative, sentimenti. Mi muovo nervoso nel traffico, l'auto sfreccia veloce. Faccio in fretta, per tornare a casa il prima possibile, devo preparare il pranzo. Guardo l'ora, potrei passare a prendere il piccolo, la scuola elementare viene di passaggio. Allungo di poco la strada e mi presento davanti la scuola di Giulietto appena in tempo per il suono della campana. Una fila interminabile di auto in sosta che occupano la strada. In un attimo, esplode il caos, il traffico si interrompe, portiere si aprono e sbattono, i marmocchi invadono il marciapiede e la strada, ma non posso aspettare fermo in auto, Giulietto non si aspetta la mia presenza. Lascio la macchina, anche se intralcia la strada, appena scorgo i ciuffi ribelli e spettinati di mio figlio, che si incammina a passo lento, svogliato, lungo il marciapiede. Mi faccio largo tra i genitori, con i piccoli al seguito, urlo il suo nome, il mio bambino mi sente, si volta, sgrana sorpreso gli occhi e corre verso di me. Mi si butta addosso e mi abbraccia, in un moto d'affetto che non speravo davvero di potere ancora ricevere.

Percorro il tragitto con attenzione, l'impazienza di arrivare a casa, il pensiero di preparare il pranzo e fare trovare la pasta appena pronta al rientro dei gemelli, Riccardo arriverà poco più tardi, ma allo stesso tempo cerco di godermi l'entusiasmo del piccolo, che parla a rotazione continua.

Le nuove regole di papà (vol. 1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora