CAPITOLO 63

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Mamma.

La mia dolce mamma.

Cosa avrei potuto fare senza di te?

Senza il tuo costante aiuto e sostegno?

Nulla.

Non avrei imparato nulla dalla vita, se non fosse stato per i tuoi insegnamenti e consigli.

Oggi sarei una nullafacente, se non fosse stato per te.

Anche per papà, ovvio, ma tu un pochino di più.

Quando tutti mi hanno voltato le spalle, tu mi sei stata accanto più di chiunque altro, a sostenermi e a consolarmi nei momenti più difficili.

E proprio allora quando tu avevi bisogno di me, io non c'ero.

Io non ero lì, accanto a te, ad aiutarti e rassicurarti che tutto sarebbe andato bene.

Io non ero lì, ad abbracciarti più forte che potevo.

A stringerti forte tra queste inutili braccia, fino a farti mancare il respiro.

Senza una minima vergogna non ti ho ricambiato il dovere, un mio dovere da figlia che avevo.

Stare accanto alla propria madre nei momenti più difficili.

No, io ero troppo spensierata a ridere e a scherzare con le mie amiche; troppo impegnata a farmi scopare, come se fossi una puttana pagata per far quel lavoro, da un criminale russo, il mio rapitore.

Da colui che ormai è diventato il mio fidanzato (e non so come) e che presto diventerà anche il padre di mio figlio.

Mi pento e mi maledico continuamente per tutto quanto.

E lo continuerò a fare fin quando non me ne andrò anch'io da questo mondo fin troppo crudele per accettare la mia presenza.

Con le lacrime agli occhi e con le gambe tremanti, inizio lentamente ad avvicinarmi alla sua lapide che è circondata da un sacco di fiorellini colorati.

Mi volto un'attimo con la testa e vedo tutti quanti, a circa dieci metri da me, rivolgermi uno sguardo dispiaciuto.

Mi rivolto e mi affianco alla bellissima lapide di marmo bianco con su attaccato una piccola foto che ritrae il suo meraviglioso e bellissimo viso.

In quel momento le gambe cedono di funzionare e crollo in ginocchio, appoggiando la testa sul marmo fresco.

Delle urla strazianti e pieni di dolore fuoriescono dalla mia bocca, ricoprendo l'intero ambiente e le orecchie di tutti i presenti.

Con la fronte mi appoggio alla sua fotografia e con le dita inizio a sfiorarle quel delicato e mozzafiato viso.

Mi lascio trafiggere dalla spietata sofferenza e permetto alle mie lacrime di rigarmi senza rimorso le mie guance, fino ad appoggiarsi delicatamente su di lei.

Mamma...la mia dolce mammina...non sai quanto mi sei mancata.

Sento il cuore quasi uscirmi dal petto e una sensazione di soffocamento si fa strada dentro di me.

Due grosse braccia mi avvolgono da dietro, stringendomi forte ad un corpo grosso e muscoloso.

"Shhh" mi sussurra delicatamente all'orecchio, dandomi continuamente dei bacetti sulla guancia bagnata.

"Lei n-non...n-non c'è p-più" dico con un filo di voce tra un singhiozzo e l'altro.

"Non è vero, Sara.
Lei è qui..." risponde, appoggiando un dito sopra il mio petto, in corrispondenza del cuore.
"...lei è qui dentro, principessa, e ci rimarrà per sempre" conclude, stringendomi in un abbraccio pieno di compassione e amore, come se volesse assicurarsi che io capisca che lui ci sarà sempre lì per me e in qualsiasi momento.

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