CAPITOLO 67

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"Che cos'hai detto?" il mio cervello sta per mandare la razionalità a puttane.

"Volkov..."

"Ho detto...ripeti. quello. che. hai. detto" scandisco bene ogni parola, così che mi possa sentire forte e chiaro.

Giuro che se non mi ripeterà la frase che ha appena pronunciato, gli metterò le mani al collo e lo ammazzeró nel suo studio.

"Tuo figlio...non ce l'ha fatta" mi guarda dritto negli occhi con un filo di dispiacere, aspettandosi una mia reazione che, per sua grande fortuna, non tarda a venire.

Mi alzo in piedi, mi avvicino velocemente a lui e lo prendo per il colletto, facendogli sgranare gli occhi sorpreso.

"Hai un solo compito, in qualità di dottore...e uno solo.
Salvare la vita alle persone.
E tu pensi di svolgere così il tuo lavoro, eh?!" gli sbraito rabbioso a pochi centimetri dal viso.
"La mia famiglia ha accettato di prenderti come loro medico personale proprio perché eri il migliore nel mestiere.
Ed è così che tu mi ripaghi?!" lo vedo portare le mani sulle mie, nel tentativo di far alleggerire la stretta presa sul colletto del camice verde.

"Volkov, ti prego...calmati"

"Calmarmi?!
Ti ho affidato le loro vite.
Dopo tre merdose ore mi dici che non sei riuscito a salvarne uno, quello di mio figlio, e pretendi pure che io mi calmi?!" mi manca veramente poco che gli spezzi l'osso del collo.

"Ho fatto tutto il possibile, lo giuro, ma il proiettile aveva raggiunto e perforato la placenta e non c'era più niente da fare.
Anche se l'avessi portata subito, era già troppo tardi.
Tuo figlio era morto sul colpo, Volkov" quella frase mi destabilizza completamente.

Sento il corpo indurirsi e la mente offuscarsi.

Il mio cuore perde un battito.

Rallento la presa dal suo camice e lo fisso sconcertato.

"Mi dispiace, ma non c'era più niente da fare" conclude, sbattendomi la cruda verità in faccia.

Sento le mani tremare.

Tremare di paura.

Tremare di dispiacere.

Tremare di delusione.

Tremare di rabbia.

Tremare di...vendetta.

Mi ero promesso e le avevo promesso che avrei fatto tutto il possibile per far sì che a lei non fosse mai successo nulla.

E guarda invece che cosa ho fatto...che cosa le ho fatto.

Cosa ho fatto a nostro figlio.

Viktor, Ivan, Kalisa...tutti me la pagheranno cara per quello che le hanno fatto.

Passeranno le pene dell'inferno, pezzo per pezzo.

Fortunatamente siamo riusciti a prenderli e a rinchiuderli in un bel posto lontano dalla polizia e da altri occhi indiscreti.

Almeno saprò come trascorrere il tempo fin quando Sara non aprirà gli occhi.

"Voglio che la tieni sotto stretta osservazione ventiquattro ore su ventiquattro e il piano in cui si trova dovrà essere completamente svuotato entro dieci minuti" ordino, prendendo dalla tasca posteriore dei pantaloni il telefono e digitando il numero di uno dei miei uomini.
"Nessuno dovrà entrare né uscire, se non lo ordinerò io.
Avvisa il tuo personale medico che tu starai a capo di tutto in mia assenza" concludo, prima di parlare al telefono.

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